Commento all’art. 17 l.r. n. 14/2019

di Antonella Ballarin e Franco Botteon

Articolo 17
Disposizioni transitorie e finali

1. Gli interventi per i quali la segnalazione certificata di inizio lavori o la richiesta del permesso di costruire siano stati presentati, ai sensi della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, entro il 31 marzo 2019, continuano ad essere disciplinati dalla medesima legge regionale.
2. I comuni dotati di un PAT, già approvato alla data di entrata in vigore della presente legge, si adeguano alle disposizioni dell’articolo 36 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, come modificato dall’articolo 16, e mantengono la propria disciplina fino all’approvazione di una nuova variante al piano degli interventi.
3. Le premialità volumetriche o di superficie previste dalla presente legge sono alternative e non cumulabili con quelle previste da altre leggi regionali.
4. È fatta salva la legislazione statale vigente in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici.
5. Per le abitazioni esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14.
6. L’allegato A alla presente legge può essere modificato con deliberazione di Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.
7. I termini previsti dall’articolo 48 ter della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, per l’adeguamento dei comuni alla legge sul contenimento del consumo di suolo e allo schema di Regolamento edilizio tipo (RET), sono rideterminati al 30 settembre 2019.
8. La Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, detta disposizioni di indirizzo e applicative per l’attuazione della presente legge.

Sommario: 1. La disciplina transitoria relativa gli interventi in corso (comma 1)2. L’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle modifiche apportate all’art. 36 l.r. n. 11/2004 (comma 2) 3. Rapporto con le misure premiali previste da altre leggi regionali speciali (comma 3)4. Rapporto con le norme statali in materia di tutela di beni culturali e paesaggistici (comma 4)5. Applicazione delle misure incentivanti per impianti ad energia solare (comma 5)6. Procedura per la modifica dell’allegato A (comma 6)7. I termini per l’adeguamento alla l.r. 14/2017 ed al Regolamento Edilizio Tipo (RET) (comma 7)8. L’adozione di atti di indirizzo e misure di attuazione da parte della Giunta regionale (comma 8)

1. La disciplina transitoria relativa gli interventi in corso (comma 1)

L’attività edilizia richiede, per l’interessato, in particolare nel caso di interventi di radicali quali quelli di demolizione e ricostruzione oltreché di nuova costruzione, una importante e onerosa – sul piano economico e temporale – attività preventiva di studio delle soluzioni e di elaborazione progettuale meditata e consapevole, considerata anche la stabilità del manufatto che si va a creare.

D’altro canto, la legge in commento imprime una rilevante variazione di rotta sugli interventi ammessi (v. la realizzazione dell’edificio isolato nel raggio di 200 m dall’edificio di riferimento, esclusa dall’art. 6, co. 2 della legge) e anche su quelli incentivati e sulle condizioni dell’incentivo, da un lato riducendone la dimensione “ordinaria” (ampliamento “normale” dal 20% al 15%), peraltro offrendo nuove opportunità (ampliamento fino al 100% a fronte dell’80% massimo della disciplina vigente fino al “terzo piano casa”).

Orbene, verosimilmente tenendo conto della appena sopra sottolineata necessità e dell’onerosità di tale attività preliminare di programmazione e progettazione delle opere, la disposizione, in linea con l’approccio già praticato dalla l.r. n. 32/2013 (v. art. 14, co. 3), che si trovava nella stessa situazione essendo succeduta ai precedenti interventi normativi attuativi del programma nazionale del “Piano Casa” di cui all’accordo Stato-Regioni 31.3.2009, mira a “salvare” i progetti elaborati e formalizzati presso il comune competente con regolare presentazione di domanda di rilascio del permesso di costruire o di segnalazione certificata di inizio attività avvenuta prima dell’entrata in vigore della legge in esame. Il 31.3.2019 è del resto la data finale di vigenza del sistema “provvisorio” del “Piano Casa”, vigenza finale la cui regolamentazione il legislatore regionale aveva affidato al disposto di una norma pressoché nascosta, e cioè l’art. 9, co. 7, l.r. n. 14/2009, la quale fissava il termine entro cui le istanze relative agli interventi previsti dalla medesima legislazione dovevano intervenire e che disponeva in particolare (fino alla odierna abrogazione e nell’ultima versione, conseguente alle modifiche recate con l’art. 1, comma 28, l.r. n. 43/18): “Le istanze per gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 ter, 3 quater e 4 devono essere presentate entro il 31 marzo 2019[1].

La soluzione adottata (salvataggio delle “iniziative” edilizie configurate secondo la precedente disciplina e formalizzate in Comune entro il 31.3.2019) appare senz’altro giustificata sul piano dell’opportunità, anche considerata l’incertezza che ha connotato fino all’ultimo il rispetto del termine del 31.3.2019, essendo stata approvata la nuova legge solo nella seduta del 27 marzo 2019 (prendendo poi la data del 4.4.2019 a seguito del perfezionamento del percorso legislativo).

A fronte di tale, opportuna, scelta di “merito legislativo”, l’adozione di una previsione espressa risultava necessaria a fronte del fatto che il principio generale nel campo del diritto amministrativo è opposto rispetto alla regola definita con la disposizione in esame.

Per giurisprudenza monolitica, infatti, particolarmente apprezzabile nella sua costanza e uniformità in considerazione di una curiosa lacuna riscontrabile in materia (la legge generale sul procedimento e provvedimento amministrativo non ne parla) è nel senso che il punto di riferimento ai fini della individuazione del diritto applicabile in caso di successione di norme è il provvedimento amministrativo e il momento di suo perfezionamento (e cioè della sua sottoscrizione, prima della comunicazione, anche laddove necessaria alla produzione degli effetti ex art. 21 bis, comma 1, l. 241/90), irrilevanti essendo sia il momento dell’iniziativa, anche se di parte (domanda, segnalazione, denuncia, comunicazione, ecc.), sia la fase successiva al perfezionamento dell’atto e quindi le sopravvenienze normative. Emblematica la seguente, recente massima: “Nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la Pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici” (Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2171). Il principio del tempus regit actum va, quindi, riferito al provvedimento e non all’avvio del procedimento, anche come precipitato del principio di legalità, non essendo ammissibile, tenuto conto del disposto dell’art. 97 Cost., che un provvedimento sia adottato in contrasto con la normativa vigente nel momento del suo venire ad esistenza.

Con riguardo, peraltro, a quel fenomeno normativo, che pure nel campo del “Piano Casa” rileva essendo stato espressamente richiamato, di liberalizzazione di determinate attività[2] mediante la previsione di titoli abilitativi costituiti non da “tradizionali” provvedimenti amministrativi espressi o taciti per legge (es. art. 20 l. n. 241/1990) bensì da atti privati quali la denuncia di inizio attività, la segnalazione certificata di inizio attività, la comunicazione, P.A.S. in materia di energia, ai quali la legge ricollega gli stessi effetti autorizzatori dei provvedimenti sostituiti, e ciò con efficacia istantanea (es. SCIA, CILA) o dilazionata nel tempo e quindi dopo il decorso di un certo termine (denuncia di inizio attività), il principio del tempus regit actum va applicato avendo a riferimento all’atto amministrativo di controllo inibitorio che potrebbe intervenire e quindi con riferimento al momento in cui si esaurisce il potere di controllo e cioè 60 giorni per la SCIA, 30 nel caso di SCIA edilizia e 30 nel caso di DIA (v. con riguardo alla DIA, Tar Lombardia, Milano, 11 gennaio 2010, n.12).

In sostanza, in base alla illustrata regola generale, senza la disposizione espressa del comma 1 dell’art. 17, i progetti sottoposti al comune con scia o domanda di permesso di costruire sarebbero esaminati alla luce della normativa nuova e non in base a quella previgente, richiamata dalla disposizione in commento, con la conseguenza, a titolo esemplificativo, che una segnalazione certificata di inizio attività – SCIA per la realizzazione di un edificio separato a distanza di 200 metri da quello che genera l’ampliamento sarebbe oggetto di provvedimento inibitorio applicando sopravvenute disposizioni della legge “Veneto 2050” mentre, in forza della norma transitoria in questione, l’intervento rimane assentibile in applicazione delle previgenti disposizioni del “Piano Casa”.

In sintesi, il comma 1 dell’art. 17 “salva” da rigetto o inibitoria le domande di permesso di costruire e le segnalazioni di inizio attività presentate prima del 31.3.2019 (si tenga conto che con il sistema informatico applicato in Veneto, è possibile la presentazione di segnalazioni e domande di permesso anche il sabato e la domenica, e sabato e domenica erano il 30 e il 31 marzo 2019, l’art. 18 bis l. 241/1990 obbliga la P.A. a indicare come data di protocollazione di istanze e segnalazioni quella della “presentazione” e quindi quella del ricevimento al sistema informatico del Comune, senza possibilità di rinviare la “segnatura di protocollo” a date successive), purché conformi alla disciplina vigente alla predetta data (l.r. n. 14/2009 e successive modifiche), anche se in contrasto con la l.r. 14/2019.

Relativamente alla SCIA, alla quale il comma 1 in commento fa testuale riferimento congiuntamente alla domanda di permesso di costruire, merita evidenziare che la l.r. n. 14/2009, anche nella versione vigente alla data di entrata in vigore della l.r. n. 14/2019 (6.4.2019, per effetto dell’art. 20 l.r. 14/19, che fa entrare in vigore la legge il giorno dopo la sua pubblicazione sul BUR, avvenuta il 5.4.2019), a partire dalla quale data (6.4.2019) gran parte delle norme della l.r. 14/2009 sono state abrogate, non fa menzione della SCIA ma, all’art. 6, relativo ai titoli abilitativi, alla denuncia di inizio attività e, agli artt. 3, comma 3, e 9, comma 2 ter, al permesso di costruire.

La sostituzione della DIA con la SCIA non risulta avvenuta per effetto di una specifica norma di legge regionale ma, in sede regionale, nientemeno che per un “avviso” pubblicato su internet, all’indirizzo https://www.regione.veneto.it/web/ambiente-e-territorio/modulistica-unificata, dove si legge: “Si evidenzia che, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 222 del 2016, gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge regionale n. 14 del 2009 (c.d. Piano Casa) sono sottoposti a SCIA alternativa al Permesso di Costruire ai sensi dell’articolo 23 del DPR n. 380 del 2001. È fatta ovviamente salva la facoltà dell’interessato di richiedere il permesso di costruire anche per tali interventi”.

L’ “avviso” appare piuttosto sconcertante, sia per il fatto di essere tale, e cioè per aver la Regione affrontato il tema del titolo abilitativo, regolato da apposita norma, con uno strumento del tipo di quello appena descritto, quantomeno per le seguenti ragioni: a) gli interventi di cui agli artt. 2, 3 e 4 della l.r. n. 14/2009 non erano soggetti a permesso di costruire ma a DIA (v. art. 6); b) l’art. 23 d.P.R. 380/2001, come modificato dal d.lgs. n. 222/2016 non si sovrappone alle previsioni degli art. 2, 3 e 4 l.r. 14/2009, ossia non si riferisce agli interventi descritti negli artt. 2, 3 e 4; c) l’annuncio ignora completamente il destino della DIA e le previsioni dell’art. 6.

Neanche nel sito della normativa regionale si legge alcuna nota all’art. 6 della l.r. n. 14/2009 che dia conto di modifiche del tipo di titolo edilizio richiesto per gli interventi di cui agli artt. 2, 3 e 4 l.r. n. 14/2009.

Fatto è che la nuova legge sembra dare per scontata la sostituzione della DIA con la SCIA (non alternativa al permesso di costruire ai sensi dell’art. 23 d.P.R. n. 380/2001) e il mantenimento del permesso di costruire per le ipotesi specificamente considerate dalla l.r. n. 14/2009 (i citati artt. 3, comma 3 e 9, comma 2 ter).

Si deve, comunque, ritenere, con riguardo al comma 1 dell’art. 17 l.r. n. 14/2019, che esso si riferisca a tutti gli atti di iniziativa del privato miranti a dare luogo a titoli abilitativi basati sulla l.r. n. 14/2009, ossia miranti a legittimare gli interventi descritti dagli artt. 2, 3, 4 e 9 comma 2 ter, l.r. n. 14/2009: DIA, SCIA, alternativa o meno al permesso di costruire, o domande di permesso di costruire.

Un problema, seppure più teorico che concreto, derivante verosimilmente da una certa fretta nella stesura della nuova disciplina, sembra porsi per le domande e le SCIA presentate tra il 1° aprile e il 5 aprile 2019 (difficile che qualche professionista avventuroso si sia precipitato a presentare segnalazioni, denunce o istanze di permesso di costruire in quel lasso di tempo, senza attendere la pubblicazione della legge).

Considerato che la normativa di cui alla nuova legge è entrata in vigore il 6 aprile 2019 per effetto del citato disposto dell’art. 20, essendo stata pubblicata la legge il 5.4.2019, ne consegue che le SCIA e le istanze di permesso di costruire presentate formalmente in base al “vecchio Piano Casa” dovrebbero comunque essere esaminate, anche per quanto detto in ordine al tema del tempus regit actum, secondo la nuova normativa, anche perché fino al 6.4.2019 varrebbe la disposizione dell’art. 9, comma 7, l.r. n. 14/2009, per la quale le DIA/SCIA e le domande di permesso di costruire basate su quella normativa potevano essere presentate entro il 31.3.2019.

A maggior ragione, le SCIA/DIA e le domande di permesso di costruire che siano presentate dopo l’entrata in vigore e che formalmente si richiamino alla “vecchia” normativa, dovrebbero comunque essere esaminate, al di là del richiamo formale in tesi contenuto nelle stesse, alla luce della nuova normativa, eventualmente a seguito di esercizio del “dovere di soccorso” di cui all’art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990, o del potere di conformazione di cui all’art. 19, comma 3, secondo periodo, l. n. 241/1990[3]

Per le ipotesi nelle quali l’interessato trovi più favorevoli e comunque aderenti ai suoi obiettivi le norme della nuova legge (l.r. n. 14/2019), non si rinvengono invece motivi ostativi rispetto alla rinuncia al titolo abilitativo già formatosi per accedere ai nuovi bonus volumetrici disposti con tale normativa, con contestuale o successiva presentazione di SCIA o istanza di permesso di costruire basate sulla nuova legge. In detta ipotesi, la questione potrebbe assumere rilievo solo per le somme già corrisposte a titolo di contributo connesso all’intervento richiesto a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione ancorché, sul punto, la giurisprudenza sia concorde nel ritenere che debbano essere restituite o comunque compensate con quelle dovute in base al titolo oggetto di nuova istanza. Ovviamente, non dovrà essere stato realizzato alcun tipo di intervento, dal momento che la rinuncia determinerebbe l’illegittimità delle opere fino alla formazione del nuovo titolo.

Si può, infine, prospettarsi la soluzione della presentazione di nuova SCIA o istanza di permesso di costruire intese non alla formazione di nuovo titolo ma ad una specie di “variante” del vecchio titolo con un titolo conforme alla nuova legge, tale comunque da far conseguire all’interessato un solo titolo abilitativo, anche considerata la previsione del comma 3 del presente articolo, che pone una clausola di alternatività e non cumulabilità delle premialità di questa legge con quelle previste da altre leggi regionali (inclusa la l.r. n. 14/2009) e con la necessaria conformità di quanto eventualmente già realizzato alla nuova normativa.

2. L’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle modifiche apportate all’art. 36 l.r. n. 11/2004 (comma 2)

Con il comma 2 si dispone l’obbligo da parte dei comuni dotati di PAT già approvato alla data di entrata in vigore di questa legge regionale, di adeguarsi alle disposizioni dell’articolo 36 della legge regionale n. 11 del 2004 (la legge sul governo del territorio) che si occupa della disciplina della riqualificazione ambientale e del credito edilizio. L’articolo 36, già oggetto di modifiche nel 2017 ad opera della legge regionale sul contenimento del consumo di suolo e rigenerazione urbana (l.r. n. 14/2017), è oggi oggetto di ulteriori mutamenti per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 16 della presente legge, al cui commento si rinvia.

Ci si limita qui a ricordare, in merito al contenuto delle modifiche recate dalla legge in esame all’art. 36 e negli stretti termini necessari per illustrare il portato della disposizione del comma 2, che l’art. 16 della l.r. n. 14/2019 dispone la modifica sia della disciplina del PAT che del PI relativamente agli interventi di riqualificazione, modifiche finalizzate sostanzialmente a “spostare” nel PI l’individuazione puntuale degli edifici da riqualificare attribuita dal previgente testo del comma 1 dell’art. 36 al PAT e mantenendo nel PAT medesimo solo criteri per l’individuazione nel PI di tali edifici, senza una diretta catalogazione da parte dello strumento urbanistico strutturale, come, invece, per l’appunto, impropriamente previsto dal testo previgente.

A fronte del disposto del nuovo art. 36, considerato che l’adeguamento dovrà comportare l’uscita dal PAT dell’individuazione dei fabbricati incongrui, la previsione contenuta nel comma 2 in commento per la quale i comuni “mantengono la propria disciplina fino all’approvazione di una nuova variante al piano degli interventi”, può verosimilmente significare che fino all’approvazione di una variante al PI rimangono comunque salve le previsioni contenute nel PAT ante adeguamento relativamente alle opere improprie, fino ad una revisione in tal senso del piano “tattico”. Ciò al fine di assicurare comunque la presenza di una strumentazione urbanistica di legittimazione di interventi di riqualificazione su singoli siti.

Il che sembra anche coordinarsi con il fatto che il comma 2 in esame non fissa un termine per l’adeguamento, il che porterebbe per l’appunto a considerare comunque operante il PAT di cui il comune sia già munito, nella parte in cui individua le opere da rigenerare.

3. Rapporto con le misure premiali previste da altre leggi regionali speciali (comma 3)

Il comma chiarisce, come per il passato, che le premialità per volumetria a superficie previste da questa legge non possono essere cumulate con quelle di altre leggi regionali.

Le “altre leggi regionali” che prevedono premialità di superficie e volumetria, in base alle quali il privato abbia già conseguito in concreto (con idoneo titolo abilitativo già efficace prima dell’entrata in vigore della nuova legge) le premialità medesime in relazione ad un singolo lotto di intervento, devono in primo luogo individuarsi in quelle sul cd. Piano Casa e quindi le l.r. nn. 14/2009, 26/2009, 13/2011 e 32/2013.

In secondo luogo, devono considerarsi ai predetti fini di non sovrapposizione di benefici la l.r. n. 14/2017, e in particolare l’art. 5, comma 2, e 6, comma 3. Del resto, anche tale legge prevede l’alternatività della premialità da essa prevista rispetto a quella del “Piano Casa” (v. art. 12, comma 1 lett. g), l.r. n. 14/2017).

Non sembra che possano essere prese in considerazione quale causa di esclusione dei benefici di cui alla legge in esame le previsioni di cui all’art. 10, comma 1 e, soprattutto, 3, della l.r. n. 16/2007 sul superamento delle barriere architettoniche (per gli interventi di cui al comma 3 – incrementi di volumetria nel limite dei 150 mc – è previsto anche un vincolo di destinazione: v. comma 6). Ciò, in considerazione delle finalità del tutto differenti perseguite dalle due normative.

Le premialità incompatibili devono in effetti identificarsi con quelle volte a perseguire finalità afferenti alla sfera di quelle individuate nell’art. 1 della presente legge.

4. Rapporto con le norme statali in materia di tutela di beni culturali e paesaggistici (comma 4)

Così come per le altre leggi regionali sul Piano Casa, anche questa volta viene fatta salva la legislazione in materia di beni culturali e paesaggistici.

La previsione, sicuramente pleonastica, è volta a confermare che le disposizioni in materia di beni culturali e paesaggistici non possono di certo essere neutralizzate dalla disciplina in esame.

In concreto, gli interventi di ristrutturazione, di demolizione e ricostruzione nonché di ampliamento non potranno essere assentiti se, pur essendo conformi alla presente legge, non conseguono i titoli abilitativi previsti dalla predetta normativa.

5. Applicazione delle misure incentivanti per impianti ad energia solare (comma 5)

Il comma prevede che per le abitazioni esistenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa sulla riqualificazione si possa ancora applicare l’articolo 5 del vecchio “Piano Casa” che, assieme all’articolo 10 sulla ristrutturazione edilizia, risultano essere le uniche disposizioni non abrogate della precedente l.r. n. 14/2009.

Con questa norma il legislatore ha inteso far salvo quel “bonus cubatura”, già riconosciuto in passato a favore di coloro che erano intenzionati a realizzare nei propri edifici impianti di captazione delle radiazioni solari, ovvero costruire pensiline e tettoie funzionali ad ospitare impianti solari e fotovoltaici.

L’articolo, che risale al primo piano casa del 2009, era stato poi modificato nel 2011, ed aveva trovato completa attuazione a seguito delle deliberazioni della Giunta regionale n. 2508/2009 e n. 1781/2011.

Deve ricordarsi che la norma era stata oggetto di una lettura restrittiva che legava il beneficio del bonus agli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della originaria legge regionale n. 14/2009, ovvero esistenti all’11 luglio 2009. Tale interpretazione derivava dal fatto che nonostante i diversi interventi modificativi apportati all’articolo 5 nel tempo, la previsione del comma 1 era rimasta invariata e quindi non aveva consentito una interpretazione più estensiva che riconoscesse detto beneficio anche ad edifici “esistenti” dopo tale data.

Analoga riflessione sembra potersi manifestare anche per questa nuova legge regionale posto che il legislatore di oggi collega nuovamente la presenza dell’edificio alla data di entrata in vigore di questa legge, limitando quindi solo agli esistenti al 6 aprile 2019 la possibilità di utilizzare il bonus dell’art. 5 del vecchio “Piano Casa”.

Se pure sia evidente l’ampliamento del novero degli edifici che potranno godere dello sconto volumetrico rispetto al passato, prendiamo atto che il legislatore non ha valutato l’opportunità di estendere temporalmente il campo di applicazione della norma anche a costruzioni future, visto che gli interventi del comma 5 non sembrano porsi in collisione con altri tipi di intervento previsti nella nuova legge regionale.

6. Procedura per la modifica dell’allegato A (comma 6)

Di tutt’altro tenore rispetto al precedente, il comma 6 stabilisce che con provvedimento della Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, si possa modificare l’allegato A, che regolamenta le percentuali di incremento di bonus volumetrico per gli interventi di ampliamento e di riqualificazione urbana in aggiunta alle percentuali “di base” previste agli articoli 6 e 7 della legge regionale purché siano soddisfatti i criteri e le condizioni previste in detto allegato, cioè siano utilizzati una serie di componenti ed elementi per la riqualificazione degli edifici.

Il rinvio al provvedimento della Giunta regionale per l’eventuale modifica di un allegato tecnico approvato con legge regionale è una formula spesso utilizzata dal legislatore ed ha lo scopo di evitare che eventuali contenuti tecnici debbano essere sottoposti ad una procedura legislativa complessa per essere variati.

Si tratta di una modalità operativa che può essere ricondotta alle diverse forme della semplificazione procedimentale e che autorizza uno spostamento di competenza dal legislatore regionale all’organo esecutivo, analogamente a quanto accade nella delegificazione.

Pur non essendo questo lo spazio per sviluppare l’argomento sulla “delegificazione di tabelle o allegati”, una breve riflessione sul fenomeno piuttosto frequente anche a livello nazionale del rinvio all’esecutivo di aggiornamenti e modifiche di allegati o tabelle approvati con legge, può delinearsi con riferimento a qualche profilo di criticità.

Dato per assodato che questo modus operandi non è oggetto di contestazione sotto il profilo della legittimazione, che trae origine direttamente dalla legge, né è sintomatico di un generale trasferimento di competenza del potere legislativo ad altro soggetto, ed anzi si può ritenere che appartiene certamente all’esecutivo il compito di adottare provvedimenti su argomenti riconducibili a valutazioni tecniche, tuttavia, qualche perplessità potrebbe emergere circa la diversa giustiziabilità dei provvedimenti.

Infatti, a fronte di una possibile alternanza tra fonte legislativa che approva l’allegato (che a sua volta potrebbe essere sostituito da nuova fonte legislativa in sede di rilegificazione) e fonte amministrativa che provvede alla sua modifica, viene a crearsi una regolamentazione disciplinata da atti sottoposti a regimi giuridici diversi con garanzie diversificate.

Qualche interrogativo potrebbe altresì porsi anche sul piano dell’individuazione della natura, se amministrativa o normativa, della funzione assegnata all’esecutivo nell’ipotesi in cui si debba intervenire su tabelle o allegati di un certo rilievo ai fini dell’applicazione della legge, in particolar modo se non sono fissati criteri e limiti all’esercizio di tale funzione.

Resta inteso che, invece, laddove le modifiche ai contenuti tecnici del provvedimento non assumano profili innovativi o di scelta, il procedimento di semplificazione/delegificazione risulta essere tendenzialmente preferibile e maggiormente adeguato ad assolvere all’evoluzione normativa e tecnologica.

7. I termini per l’adeguamento alla l.r. 14/2017 ed al Regolamento Edilizio Tipo (RET) (comma 7)

Il comma 7 fissa un nuovo termine per l’adeguamento da parte dei comuni alle disposizioni sul contenimento del suolo di cui alla legge regionale 6 giugno 2017, n. 14 e per l’adeguamento dei propri regolamenti edilizi allo schema di Regolamento Edilizio Tipo (RET) adottato a seguito di Intesa tra il Governo, le Regioni e i Comuni il 20 ottobre 2016.

Se pure la norma appaia a prima vista semplice trattandosi di una mera rideterminazione del termine, c’è invece da chiedersi perché il legislatore abbia utilizzato una formulazione alquanto “discutibile” sotto il profilo della tecnica legislativa.

Nonostante dalla lettura del testo normativo emerga l’intenzione del legislatore di ridisciplinare, come già detto, i tempi per l’adeguamento dei comuni sia con riferimento alla legge regionale sul contenimento del suolo che relativamente allo schema di regolamento edilizio tipo, tuttavia, il rinvio al mero articolo 48 ter della l.r. n. 11/2004 sembra fornire lo spunto per una lettura diversa, derivante dal fatto che tale articolo disciplina esclusivamente l’adeguamento al RET e quindi fa supporre che il testo legislativo sia rivolto solo a tale fattispecie.

Inoltre, l’articolo non contiene alcun termine preciso mentre l’unica norma che rinvia ad un qualche riferimento temporale è quella del comma 4 che dispone: “I Comuni, con apposita variante, adeguano gli strumenti urbanistici comunali alle nuove definizioni uniformi aventi incidenza urbanistica nei tempi e con le procedure previsti, rispettivamente, dall’articolo 13, comma 10 e dall’articolo 14 della legge regionale 6 giugno 2017, n. 14“Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 ”.

Solo dopo l’analisi dell’articolo 13 della legge regionale n. 14/2017, recante il complesso regime transitorio della normativa sul contenimento del suolo, la questione può trovare un chiarimento. Infatti, il richiamato comma 10 precisa che la scadenza entro la quale i Comuni devono adeguare i propri strumenti urbanistici alle regole sul contenimento del consumo di suolo (e secondo le procedure semplificate contenute nell’articolo 14 della medesima legge) è fissata in diciotto mesi decorrenti dalla pubblicazione sul BUR di uno specifico provvedimento della Giunta regionale che dovrebbe disciplinare la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale.

Ne consegue che l’unico termine di riferimento al quale poter applicare la scadenza temporale introdotta dal comma in rubrica è quello contenuto nell’articolo 13, comma 10.

In conclusione, sia pure attraverso un percorso piuttosto tortuoso, il periodo dei diciotto mesi decorrenti dalla pubblicazione del provvedimento giuntale entro i quali i comuni devono adeguarsi alla legge sul contenimento del suolo nonché adeguarsi alle nuove definizioni uniformi contenute nel RET, viene ora sostituito con un’unica data certa che unifica gli adempimenti comunali al 30 settembre.

Va da sé che un intervento normativo di questo tipo desta ovviamente qualche perplessità sotto il profilo della chiarezza normativa, tanto più che, se questa fosse stata l’intenzione del legislatore, si sarebbe potuto intervenire direttamente sull’articolo 13, comma 10.

A mero titolo di curiosità, con riferimento alla sola legge sul contenimento del consumo di suolo, la Giunta regionale aveva già emanato più provvedimenti attuativi. Infatti, con d.g.r. n. 668 del 15 maggio 2018 ha approvato la definizione della quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale e la sua ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei, mentre, con d.g.r. n. 1325 del 10 settembre 2018 ha definito la quantità massima di consumo di suolo ammesso per i ventinove comuni che hanno trasmesso tardivamente i dati e per i comuni inadempienti. A seguire sono state poi adottate la d.g.r. n. 30 del 15 gennaio 2019 e la d.g.r. n. 355 del 26 marzo 2019, entrambe integrative e modificative delle deliberazioni del 2018.

Tralasciando le delibere successive di modifica e considerando solamente i due provvedimenti principali, cioè la d.g.r. n. 668/2018 (pubblicata il 26 maggio 2018) e la d.g.r. n. 1325/2018 (pubblicata il 25 settembre 2018), i termini entro i quali i comuni avrebbero dovuto adeguarsi ove fosse stata rispettata la decorrenza dei diciotto mesi dalla pubblicazione di tali d.g.r., come previsto nell’originaria formulazione risultano essere, nel primo caso il 26 novembre 2019, mentre nel secondo caso il 25 marzo 2020.

8. L’adozione di atti di indirizzo e misure di attuazione da parte della Giunta regionale (comma 8)

L’ultimo comma dell’art. 17 della legge attribuisce alla Giunta regionale il compito di emanare disposizioni di indirizzo ed applicative per dare attuazione alla legge regionale.

Da una analisi della legge regionale, le disposizioni normative espresse che richiedono un provvedimento giuntale in tal senso ed al cui commento si rimanda, sono rinvenibili:

  • all’articolo 4, commi 1 e 2 che assegnano alla Giunta regionale di adottare entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge un provvedimento di disciplina dei crediti edilizi da rinaturalizzazione;
  • all’articolo 13, comma 2, per il provvedimento che regola la composizione, le modalità di funzionamento e la durata della Commissione per la qualità e la bellezza architettonica, istituita presso la struttura regionale competente in materia di governo del territorio;
  • all’articolo 14, comma 2, per il provvedimento che definisce i tempi, le procedure e l’entità del premio “Qualità e Bellezza Architettonica” assegnato annualmente dal Consiglio regionale ai due migliori progetti realizzati ai sensi della legge regionale;
  • all’articolo 15, comma 1, che contiene una clausola valutativa, ovvero pone in capo alla Giunta l’invio alla competente commissione consiliare di una relazione sullo stato di attuazione della legge.

Ad esse si aggiunge questo comma 8 che, diversamente dagli altri, prevede il previo parere della commissione consiliare competente; si tratta di una previsione normativa che consente alla Giunta regionale di offrire un importante supporto operativo relativamente ai diversi aspetti della legge regionale che richiederanno di essere chiariti, anche ai fini di una corretta lettura delle disposizioni.

Infatti, la particolare complessità della legge regionale pone la necessità di acquisire quegli elementi informativi ed integrativi necessari a superare gli eventuali dubbi interpretativi, in particolar modo derivanti dalla sua concreta applicazione; proprio per tale motivo, similmente a quanto accaduto in passato con le circolari del vecchio “Piano Casa”, il supporto fornito dalla Giunta sarà fondamentale per la sua attuazione.

[1] Il comma 7 dell’art. 9, l.r. n. 14/2009 prevedeva originariamente una durata di soli 24 mesi dall’entrata in vigore della l.r. n. 14/2009 e quindi il piano valeva fino al 10.7.2011; tale termine è stato poi prorogato al 30.11.2013 dall’art. 8, comma 1, l.r. n. 13/2011, al 10 maggio 2017 dall’art. 10, comma 12, l.r. n. 32/2013, al 31.12.2018 dall’art. 65, comma 1, l.r. n. 30/2016 e infine al 31.3.2019 dall’art. 28, comma 1, l.r. n. 43/2018.

[2]Il dato di fondo è che si deve dare per acquisita la scelta del legislatore nel senso della liberalizzazione dell’attività oggetto di segnalazione, cosicché la fase amministrativa che ad essa accede costituisce una – sia pur importante – parentesi puntualmente delimitata nei modi e nei tempi” (Corte costituzionale, sentenza 45 del 2019).

[3]Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime”.

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