Commento all’art. 4 l.r. n. 14/2019

Commento all’art. 4 l.r. n. 14/2019: A. I crediti edilizi: disciplina generale  – B. La disciplina dei crediti edilizi da rinaturalizzazione C. La valorizzazione dei crediti edilizi da rinaturalizzazione 

I crediti edilizi: disciplina generale

di Lorenzo Minganti

Sommario: 1. Introduzione2. Origini dell’istituto3. L’art. 2643, n. 2–bis) del codice civile introdotto nel 20114. Differenza tra trasferimento di volumetria e circolazione dei diritti edificatori5. Rapporto tra trascrizione ed annotazione nel registro dei diritti edificatori6. Natura giuridica dei diritti edificatori e spunti di riflessione sulla giurisdizione7. Conclusioni

1. Introduzione

Il legislatore veneto con la nuova legge regionale “Veneto 2050” ha inteso rilanciare l’istituto dei crediti edilizi, che per primo aveva valorizzato a livello di norma primaria con la fondamentale legge urbanistica del 2004[1].

Si trattò di una norma coraggiosamente innovativa, che giustamente richiamò l’attenzione della dottrina[2]. La prassi urbanistica dei comuni veneti, in particolare quelli più dinamici, ha così conosciuto diverse sperimentazioni del nuovo istituto, alcune delle quali particolarmente felici[3], che parevano destinate ad un’applicazione sempre più diffusa. I crediti edilizi stavano così acquisendo il ruolo di protagonisti di piani perequativi e di operazione di compensazione urbanistica, offrendosi quale interessante strumento a disposizione delle politiche territoriali.

Sennonché, la l.r. n. 14/2009, ovvero il cd. “Piano Casa” ha in un qualche modo, forse involontariamente, soffocato l’istituto proprio mentre andava consolidandosi: la possibilità generalizzata di ampliare gli immobili esistenti del 20%, per di più agevolata da una lunga serie di deroghe agli ordinari parametri edilizi, ha di fatto inaridito la domanda di crediti edilizi, rendendo così poco interessante il ricorso all’istituto. Il “Piano Casa” è stato prorogato con successivi interventi legislativi sino al 31 marzo 2019.

In occasione di tale ultima scadenza, la mutata sensibilità del legislatore, degli operatori economici e della società tutta, oltre ad una oggettiva insostenibilità di una nuova proroga del “Piano Casa”, ha creato le condizioni per una scelta radicalmente diversa, che si colloca nell’alveo delle politiche di contenimento del suolo già delineate dalla norma sulle “varianti verdi”[4], dal RET – Regolamento Edilizio Tipo[5], ma soprattutto dalla fondamentale LR 14/2017[6]. Ci si riferisce cioè alla l.r. n. 14/2019 “Veneto 2050”, qui in commento, che risulta articolata in tre componenti fondamentali, potremmo dire poggia su tre pilastri: 1) la stabilizzazione a regime del piano casa, alleggerito nelle quantità edificatorie e nelle più rilevanti disposizioni di deroga, 2) la premialità per interventi di rilevante interesse pubblico ambientale e qualitativo, 3) ma soprattutto l’utilizzo dei crediti edilizi per supportare operazioni di “cleaning” urbanistico, ovvero di rimozione dal territorio di manufatti incongrui: si vuole quindi ripulire il territorio, urbano ed extraurbano, da quegli edifici ed opere che ne pregiudicano la qualità, tramite la leva offerta dai crediti edilizi. Si tratta di una categoria speciale di crediti, ovvero quelli “da rinaturalizzazione”, vale a dire generati appunto da operazioni di ripulitura edilizia e concomitante permeabilizzazione dei suoli interessati.

Il legislatore regionale vuole quindi rilanciare quell’istituto che per primo disciplinò, riadattandolo alle nuove esigenze dell’urbanistica contemporanea. Peculiare l’occasione individuata: i crediti edilizi vengono riproposti e potenziati proprio in occasione della stabilizzazione del medesimo strumento che ne avevano in una qualche misura impedito la diffusione.

I crediti edilizi da rinaturalizzazione, accanto a quelli specifici della norma redatta dal legislatore regionale, pongono diversi problemi tecnici e giuridici, di ordine generale di non semplice soluzione, si pensi alla loro natura giuridica, alla compatibilità tra registro comunale e trascrizione, alla differenza con il contratto di trasferimento di volumetria, ed altri ancora.

Si premette sin da subito che le espressioni “circolazione dei diritti edificatori” e “crediti edilizi”, saranno qui utilizzate con fungibilità, ritenendole sinonime.

Si è quindi ritenuto opportuno avviare il commento dell’art. 4 con una breve analisi sulla circolazione dei diritti edificatori che richiami il dibattito in corso e consenta di approfondire l’istituto[7].

2. Origini dell’istituto

I diritti edificatori sono la “misura della trasformazione urbanistica realizzazione dal suo titolare[8], quelli che spesso vengono identificati anche con il termine gergale di “cubatura[9].

Il tema della circolazione dei diritti edificatori non è certo nuovo alla pianificazione ed al diritto urbanistico. Il proprietario di un’area edificabile che non disponga di sufficienti diritti edificatori per il proprio progetto edilizio potrebbe procurarseli presso un diverso proprietario e così sviluppare il proprio progetto, naturalmente nel rispetto dei parametri edilizi stabiliti dalla pianificazione, innanzitutto densità massima, altezza e distanze; resta inteso che il fondo cedente resterebbe privo della capacità edificatoria ceduta.

La prassi, ed anche la giurisprudenza, hanno sempre conosciuto istituti che, sotto varie denominazioni quali “cessione di cubatura[10], “trasferimento di volumetria”, “concentrazione di cubatura[11], “perequazione di comparto” o “asservimento edificatorio[12] consentivano che la capacità edificatoria fosse trasferita da un primo fondo ad un secondo, finitimo o comunque prossimo[13]; si rammenta il risalente caso del PRG di Torino, datato addirittura 1959. In ogni caso si trattava di ipotesi straordinarie, quasi incidentali, che non erano ordinariamente contemplate dagli strumenti urbanistici e certamente non ne costituivano in alcun modo elemento portante. In ogni caso, dal punto di vista giuridico, si trattava di istituti che potevano essere ricostruiti facendo ricorso ad istituti quali la discrezionalità amministrativa e le servitù[14].

Il diritto urbanistico più recente ha però visto il diffondersi di strumenti, a volte assai sofisticati, imperniati sulla ordinaria possibilità di trasferire diritti edificatori tra fondi, anche lontani fra di loro, e finanche sulla libera circolazione di questi con modalità avulse dal suolo che li avesse generati o, viceversa, su cui dovessero essere espressi[15].

Ci si riferisce, in primis, anche dal punto di vista diacronico, alla perequazione urbanistica, diffusasi a partire dagli anni’90, tesa all’equa ripartizione di vantaggi e svantaggi fra i proprietari ed al reperimento di aree e risorse per la città pubblica[16]. Successivamente sono venuti diffondendosi anche le compensazioni edilizie, finalizzate ad indennizzare i soggetti di procedure espropriative, e le premialità edilizie, volte ai più diversi obiettivi pubblici, dall’applicazione di standard ambientali evoluti alla promozione della qualità architettonica; compensazione e premialità sono qui di interesse nella dimensione che prevedeva che i diritti edificatori aggiuntivi potessero essere espressi sopra suoli diversi, o di altri proprietari. Istituti diretti quindi a finalità anche assai diverse, ma tutti accomunati dal prevedere la libera circolazione di diritti edificatori.

Diversi legislatori hanno deciso di interessarsi a questi nuovi istituti, ora dandovi una “copertura” normativa di rango primario, ora promuovendoli[17].

Diffusione e successo dell’istituto hanno però rischiato una significativa battuta d’arresto a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale: ci si riferisce alla sentenza n. 121/2010, in materia di edilizia pubblica[18], che in un obiter dictum ha ricordato come le previsioni relative al “trasferimento ed alla cessione dei diritti edificatori, incidono sulla materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato”. Conseguentemente tutte le norme regionali aventi ad oggetti crediti edilizi e trasferimento di diritti edificatori risultavano potenzialmente illegittime per contrasto con il riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni.

Il legislatore nazionale ha così ritenuto di intervenire, seppur con una modalità alquanto singolare, ossia modificando l’art. 2643 c.c. prevedendovi una nuova ipotesi di trascrizione obbligatoria, quella degli atti “che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori”.

3. L’art. 2643, n. 2-bis) del codice civile introdotto nel 2011.

All’indomani della sentenza n. 121/2010 della Consulta il legislatore nazionale ha opportunamente ritenuto di intervenire sul punto; viceversa, la condivisibile riconduzione della disciplina del trasferimento dei diritti edificatori nell’alveo della competenza legislativa statale in materia di ordinamento civile, avrebbe potuto portare alla dichiarazione di illegittimità delle relative norme regionali ed altresì rendere assai problematiche le disposizioni degli strumenti urbanistici comunali in materia[19]. Opinabile però lo strumento scelto.

Il legislatore nazionale ha deciso di tipizzare “un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi: la «cessione di cubatura»[20] intervenendo con una modalità abbastanza singolare: l’art. 5 del d.l. n. 70/2011, convertito con l. n. 103/2011, ha introdotto all’art. 2643, con il n. 2-bis), una nuova ipotesi di trascrizione obbligatoria per quei “contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”. La finalità della novella è espressamente indicata dal legislatore medesimo: per “garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori”.

La formulazione della norma si presenta ictu oculi problematica; soprassedendo per il momento alla immediata esigenza di rilevarne le incongruenze, pare invece precipuo sottolineare la rilevanza di quanto sotteso a tale novella. A ben vedere rinveniamo infatti molto di più di una semplice nuova ipotesi di trascrizione: il legislatore nazionale ha in primo luogo riconosciuto come i diritti edificatori possano circolare avulsi dal suolo che li abbia generati, ma non solo, egli ritiene anche che tale circolazione sia così meritevole di tutela da richiedere di garantirne la certezza della circolazione giuridica[21]. Non vi sono quindi dubbi sul fatto che il diritto edificatorio scorporato dal suolo possa essere l’oggetto di negozi giuridici che ne facciano transitare la proprietà tra soggetti diversi, i quali potrebbero anche non essere titolari di fondi. In altri termini la norma ha indirettamente legittimato quegli istituti urbanistici innovativi imperniati sulla circolazione dei diritti edificatori. Vi è anche chi ha rilevato come il necessario intervento del notaio rallenti le transazioni e le renda più onerose[22].

Come si accennava, la formulazione della norma ha posto più di un problema presso chi ha commentato la norma; la dottrina pressoché unanime ha criticato l’inserimento, accanto all’obbligo di trascrivere i contratti che “trasferiscono” i diritti edificatori, anche di quelli che li “costituiscono” e “modificano[23] che è stata aggiunta in sede di conversione del d.l. 70/2011. Come ben noto, sono infatti gli strumenti urbanistici e le loro varianti che possono avere efficacia costitutiva riguardo ai diritti edificatori, e non certo gli eventuali contratti che li riguardino; anche qualora si volesse far riferimento alle ipotesi di urbanistica consensuale o negoziata, si rammenta come in ogni caso tutte le operazioni che possano dar luogo alla costituzione o modifica di diritti edificatori siano cristallizzate in provvedimenti amministrativi, e naturalmente non è di questi che possa disporsi l’obbligo di trascrizione[24]. Ma soprattutto, mentre i contratti di trasferimento di diritti edificatori operano a titolo derivativo, gli strumenti urbanistici od anche le operazioni di urbanistica negoziata operano a titolo originario, pertanto non pare proprio porsi un problema di tutela dei terzi. Si è giustamente osservato come l’esigenza di tutela del terzo in buona fede non si possa porre nei confronti di un’amministrazione, che per definizione deve comportarsi correttamente, e non potrebbe certo assegnare due volte lo stesso credito edilizio[25].

La infelice formulazione della norma ha portato la dottrina a rammentare come interventi del legislatore non ben meditati possano addirittura mettere a rischio lo stesso sistema della certezza delle situazioni giuridiche garantito dalla trascrizione[26].

4. Differenza tra trasferimento di volumetria e circolazione dei diritti edificatori

Si è già accennato come, da tempo risalente, fossero noti accordi che consentivano il trasferimento di diritti edificatori tra fondi diversi, generalmente chiamati “trasferimento di volumetria” o “cessione di cubatura”. Poiché il trasferimento di diritti edificatori rappresenta l’evoluzione di quelli[27] pare necessario un raffronto fra gli istituti.

Nel caso di cessione di cubatura[28], la capacità edificatoria di un fondo edificabile veniva realizzata su un diverso fondo legato al primo da uno “stretto vincolo di unitarietà sia fisica che urbanistica[29]. Il primo requisito si considerava soddisfatto dapprima dalla finitimità dei suoli; più tardi la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente la semplice contiguità o prossimità[30], intesa come “effettiva e significativa vicinanza tra i fondi[31]. L’unitarietà urbanistica era invece individuata nella medesima destinazione urbanistica dei suoli, richiesta per scongiurare possibili alterazioni delle caratteristiche tipologiche delle zone urbanistiche[32]; sarebbe del resto assai difficile da concepire che la capacità edificatoria di un lotto avente destinazione produttiva possa essere espressa altrove per dar luogo ad edifici residenziali. Il trasferimento di volumetria non realizza alcuna alterazione della densità complessiva della zona, infatti l’indice territoriale rimane invariato; e l’effetto di trasferimento si realizza solo con il rilascio del titolo da parte del Comune[33]. La natura giuridica della cessione di cubatura è stata ricostruita dapprima come servitù di non edificazione[34] fra un fondo servente che cedeva la capacità edificatoria a favore di quello dominante, ed in un secondo momento quale “fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori[35].

Deve poi soprattutto osservarsi come le operazioni di trasferimento di volumetria si configurino come “eccezionali e meramente eventuali[36], nel senso che queste rasentino quasi degli “incidenti” rispetto alle normali dinamiche urbanistiche ed edilizie, riguardino fondi determinati e siano perfezionate da quel provvedimento amministrativo che è il titolo abilitativo ad edificare. Viceversa, venendo ad alcune delle prime differenze, la circolazione dei diritti edificatori è prevista in via “generale, preventiva ed astratta[37] dagli strumenti urbanistici che la prevedano, si applica indistintamente a larghe porzioni del territorio, se non alla totalità di questo, e soprattutto essa è normalmente l’elemento caratterizzante del piano, o quantomeno uno degli assi portanti delle politiche territoriali perseguite. Nel trasferimento di volumetria non può poi parlarsi propriamente di un contratto, quanto piuttosto di una riedizione della discrezionalità amministrativa finalizzata al rilascio di un permesso di costruire maggiorato rispetto alla volumetria edificabile precedentemente attribuita al proprietario del fondo cessionario[38].

Ma la peculiarità forse più significativa dei crediti edilizi è data dalla loro potenziale ambulatorietà che prescinde dai suoli: mentre nel trasferimento di volumetria registriamo un collegamento diretto tra i due fondi, quello solvens e quello accipiens, o se si preferisce fra quello “di decollo” e “di atterraggio”, nel caso della circolazione dei diritti edificatori, possono venire inserite n operazioni di traslazione di tali diritti, completamente disancorate da ogni fondo. L’operazione di scorporo del diritto edificatorio dal suolo risulta così completa, lasciando questo libero di essere oggetto di numerosi e diversificati negozi giuridici, completamente disancorato dai suoli. Si parla quindi, articolando la metafora già vista, di “volo” dei diritti edificatori.

A ben vedere, è proprio questa fase di volo, non solo a caratterizzare i crediti edilizi rispetto al trasferimento di volumetria, ma anche a rendere necessaria la trascrizione dei negozi aventi ad oggetto i diritti edificatori, perché sono tali operazioni a porre un problema di tutela del terzo in buona fede. Nel caso di trasferimento di volumetria i fondi sono direttamente connessi dal provvedimento amministrativo; non è possibile, se non in presenza di macroscopici errori dell’amministrazione[39], che i diritti edificatori sfuggano e si ponga un problema dell’effettiva titolarità di questi. Differentemente, nel caso del volo, i crediti edilizi potrebbero essere ceduti a più soggetti, i quali potrebbero quindi presentarsi distintamente presso l’amministrazione per richiedere che siano rilasciati differenti titoli abilitativi, ma sulla base del medesimo diritto edificatorio, poiché la vicenda circolatoria prescinde dal provvedimento amministrativi che abilita all’edificazione.

Non può quindi che ribadirsi l’opportunità della novella del 2011, non solo per la copertura legislativa al difetto di competenza dei legislatori regionali, ma anche per aver effettivamente garantito quella “certezza nella circolazione dei diritti edificatori” enunciata dal legislatore statale stesso.

5. Rapporto tra trascrizione ed annotazione nel registro dei diritti edificatori

Diverse legislazioni regionali, fra cui la l.r. n. 11/2004[40], nonché molteplici esperienze locali[41], prevedono l’istituzione di un registro dei diritti edificatori in cui annotare i relativi trasferimenti. Si pone pertanto il tema dell’efficacia di tale annotazione, nonché il rapporto con la trascrizione effettuata ex art. 2643 c.c.

Pacifico che l’iscrizione nel registro non abbia alcuna efficacia costitutiva, si è osservato come questa abbia una mera funzione di accertamento[42], ovvero quella di strumento efficiente “idoneo a gestire anche con tecnica dematerializzata i titoli volumetrici espressione delle volumetrie circolanti[43]. Non deve poi trascurarsi una seconda funzione di pubblicità notiziale[44], ovvero quella di consentire l’efficiente funzionamento del mercato dei diritti edificatori, promuovendo l’incontro della domanda e dell’offerta. A chi dovrebbe rivolgersi il privato alla ricerca di diritti edificatori? Il valore dei diritti edificatori è determinato dal libero operare delle forze del mercato, e tanto questo sarà più efficiente, quanto più le transazioni saranno senza costi od asimmetrie informative. I comuni che presentino situazioni più complesse, come ad esempio i capoluoghi od i centri con spiccata propensione all’edificazione, potranno poi istituire sistemi più articolati di gestione, quali “borse dei diritti edificatori” od apposite “agenzie”[45].

Poiché è di assoluta evidenza che il medesimo diritto edificatorio non possa essere espresso su fondi diversi, ci si chiede cosa accada qualora l’amministrazione rilasci un titolo abilitativo al soggetto che si dichiari impropriamente titolare di un diritto edificatorio; in particolare si pensi al caso di quel diritto che risulti (ancora) iscritto nel registro comunale a nome di un certo soggetto, quando in realtà questi lo abbia già ceduto, e magari correttamente trascritto. In tal caso si creerebbe un potenziale conflitto tra registro e trascrizione, che ricalcherebbe quello sovente riscontrato nella prassi, fra catasto e conservatoria immobiliare; in tale caso è ben nota la regola che vede prevalere il secondo. Analogamente non può che concludersi debba prevalere la trascrizione rispetto al registro comunale. Ci si chiede quindi se la corretta trascrizione non sia titolo di legittimazione per ottenere il rilascio del titolo abilitativo e se non spetti al Comune l’obbligo di chiedere prova dell’avvenuta trascrizione.

Sul punto si è autorevolmente affermato che sia la trascrizione il titolo di legittimazione per ottenere il rilascio del titolo abilitativo edilizio, con la conseguenza che il Comune dovrà negarne il rilascio a chi, pur in possesso di un contratto di trasferimento di diritti edificatori, non lo abbia trascritto, aggiungendo che dovrà essere onere del richiedente allegare prova della trascrizione, ed il Comune limitarsi a controllarne la presenza[46].

Nel caso in cui venga rilasciato un titolo edilizio sulla base di crediti edilizi poi rivelatisi insussistenti, si ritiene che questa debba essere annullato, anche qualora il titolare sia un buona fede; viceversa si realizzerebbe un possibile metodo per sforare le capacità edificatorie massime assegnate dallo strumento urbanistico.

Nel caso invece di titolo abilitativo rilasciato in base ad un atto negoziale di disposizione di diritti edificatori dichiarato nullo od annullato, la dottrina ritiene che tale vizio non debba riverberarsi sul provvedimento amministrativo[47].

6. Natura giuridica dei diritti edificatori e spunti di riflessione sulla giurisdizione.

In questa pur breve analisi, merita un cenno il dibattito sulla natura giuridica dei diritti edificatori. La dottrina si è infatti lungamente applicata sul punto, mancando però l’obiettivo di giungere ad una ricostruzione condivisa. Ovviamente si tratta di un dibattito dai risvolti pratici, poiché dalla loro natura ed inquadramento deriverà la soluzione dei problemi che si porranno nell’applicazione dell’istituto. Viva attenzione è stata posta anche da parte della professione notarile, per le conseguenze pratiche che la soluzione del quesito, quali ad esempio il regime fiscale[48] e redazione della nota di trascrizione.

Si premette che i diritti edificatori vengono suddivisi in perequativi, premiali e compensativi sulla base dell’istituto che li ha generati[49]. Già tale classificazione ha dei primi risvolti sulla loro disciplina; si consideri ad esempio il differente riverbero che avranno eventuali revisioni del piano nel caso di diritti edificatori di origine perequativa rispetto a quelli premiali, che sostanzialmente costituiscono il corrispettivo di una prestazione già eseguita dal privato[50].

Dovrebbe a questo punto della riflessione essere evidente come, al netto delle imprecisioni lessicali del legislatore, i diritti edificatori possano essere oggetto di diversi negozi giuridici[51], e non solo di quella “cessione di cubatura” che il legislatore nazionale ha voluto “tipizzare” con la novella del 2011. I crediti edilizi possono cioè essere oggetto non solo di contratti di alienazione, ma anche di permuta, datio in solutum, pegno[52], donazione, possono poi entrare nell’asse ereditario e possono essere conferiti nel capitale di società[53]. Si condivide che non possano essere ipotecati, stante il principio di tipicità in materia.

Ai fini della presente analisi, si possono ricordare sostanzialmente tre principali posizioni.

Secondo un primo avviso, i diritti edificatori presenterebbero natura reale immobiliare, trattandosi della proprietà di un nuovo bene giuridico costituito dalla volumetria o superficie edificabile distaccata da un fondo, quello di decollo[54]. Tali diritti edificatori, plasmati dalla natura immobiliare del suolo che li ha generati, ne conserverebbero tale caratteristica; avrebbero quindi ricevuto dal fondo una sorta di imprinting di diritto. Tale prospettiva pare la più rispettoso del noto adagio n. 5/1980 della Corte costituzionale che negava efficacia costitutiva al titolo abilitativo edilizio ritenendo lo ius aedificandi una facoltà rientrante nel nucleo essenziale della proprietà fondiaria garantito dall’art. 42 della Costituzione[55].

Una seconda posizione ne ravvisa la natura sempre di bene, bensì non reali ma beni immateriali. Si è parlato al riguardo di “cartolarizzazione della cubatura” scisso da qualsivoglia legame aprioristico con il futuro fondo accipiente, od addirittura di “frutti del fondo[56]. I diritti edificatori sarebbero cioè un bene, non tangibile, che potrebbe circolare con modalità analoghe al know-how ed alla proprietà intellettuale[57].

Una terza posizione, di stampo pubblicistico, individua nei diritti edificatori degli interessi legittimi pretensivi, in quanto collegati all’aspettativa di trovare espressione a seguito del provvedimento dell’amministrazione che costituisce titolo abilitativo[58]; tale rilascio costituirebbe elemento costitutivo della fattispecie, e non mera condizione di efficacia dell’atto di cessione[59]. Il diritto edificatorio sarebbe quindi una chance edificatoria, trasformabile in un bene edificabile previo assenso dell’autorità competente.

Appare poi interessante una ricostruzione intermedia che vede nei “diritti edificatori” un istituto polimorfo, caratterizzato da innegabili profili pubblicistici come da altrettanti profili privatistici: mentre i primi paiono caratterizzare l’istituto nelle fasi di decollo ed atterraggio, stante l’imprescindibile ruolo dell’amministrazione nel momento in cui questi vengano generati così come nel momento in cui siano ricongiunti al suolo, i secondi delineano la intermedia fase del volo, in cui sono negozi tra privati a consentirne la circolazione[60]. Tale posizione risulta minoritaria, ma appare come quella più promettente ai fini della ricostruzione dell’istituto. Del resto, la progressiva ibridazione del diritto amministrativo con quello civile non può che portare ad istituti dalla natura promiscua, che incrociano profili tipici dell’una come dell’altra disciplina. La materia de qua è indubbiamente caratterizzata dall’alternarsi di momenti pubblicistici a vicende privatistiche[61]. Pare evidente che categorie del diritto civile non siano in grado di rispondere efficacemente ad alcuni dei problemi che possono insorgere nei momenti più pubblicistici di vita dell’istituto, quali appunto quelli di decollo e atterraggio, e viceversa gli istituti del diritto amministrativo rispetto alla circolazione dei crediti edilizi. Si pensi a problemi intuitivi quali l’alienazione di diritti edificatori che non presentino le caratteristiche promesse o che siano parzialmente altrui, oppure a vicende quali la vendita di crediti edilizi effettuata da un imprenditore specializzato ad un acquirente occasionale. Viceversa, si ricorrerà alle categorie pubblicistiche ove si tratti di affrontare problemi quali la modifica dei diritti edificatori per esercizio della ius variandi dell’amministrazione, oppure quando siano da revocare le premialità inizialmente riconosciute[62].

Benché il delicato tema della giurisdizione in materia di diritti edificatori sfugga per la sua complessità all’economia di questo lavoro, merita di essere ricordato come la ricostruzione della loro natura giuridica abbia conseguenze sul giudice che sarà chiamato a dirimere gli eventuali contenziosi che dovessero sorgere. Sarà naturalmente il giudice ordinario, ove quelli siano inquadrati quali beni, reali od immateriali. Viceversa, la giurisdizione sarà del giudice amministrativo ove siano considerati interessi legittimi. Più interessante pare farsi il discorso ove invece se ne accetti la natura, che abbiamo chiamato, “polimorfa”: in tal caso ne deriverebbe una duplice giurisdizione, civile durante il volo, ed amministrativa durante l’atterraggio ed il decollo. Ma anche accettando tale prospettiva ed il relativo riparto di giurisdizione che ne deriverebbe, non è difficile immaginare situazioni nelle quali sarebbe in concreto arduo operare la distinzione. Ma, a ben riflettere, sono proprio queste le situazioni per le quali fu concepita sin dal 1923 la giurisdizione esclusiva, quale spada alessandrina in grado di sciogliere il nodo gordiano che vede avvinghiati inestricabilmente diritti soggettivi ed interessi legittimi.

Però l’attuale formulazione dell’art. 133, co. 1, lett. f), che parla di “atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia” non pare permettere di ricondurre alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le vicende del volo, le quali non riguardano evidentemente atti o provvedimenti, ma solo proprio atti fra privati. Potrebbe quindi essere un buon spunto de iure condendo per il legislatore nazionale riflettere su una possibile novella che ampli la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche ai conflitti che dovessero nascere dal trasferimento dei diritti edificatori.

Giurisdizione che, in prospettiva, si dovrebbe riflettere se estendere a tutti questi fenomeni che si sono diffusi sempre più negli ultimi anni di, come la abbiamo definiti, ibridazione del diritto amministrativo con il diritto civile.

7. Conclusioni

Questa veloce disamina sul trasferimento dei diritti edificatori ha certamente posto in luce come l’analisi dell’istituto sia ancora lontana da approdi unanimemente condivisi dalla dottrina. Si tratta però di questioni tutt’altro che idonee a minare l’operatività dell’istituto, che quindi potrà trovare rinnovata applicazione. Pertanto, la scelta del legislatore veneto di valorizzare questo istituto non viene inficiata dal dibattito in corso.

Anzi, proprio questa scelta potrà contribuire a rilanciare il dibattito. Come spesso capita per gli istituti giuridici, particolarmente quelli più innovativi, sarà proprio il loro largo utilizzo a fornire da un lato lo stimolo per ulteriori riflessioni, dall’altro quel materiale concreto sia per spunti concreti che per gli inevitabili, e per certi versi anche auspicati, arresti giurisprudenziali.

Il pur apprezzabile intervento con la novella del 2011 e l’integrazione dell’art. 2643 c.c. pare però un intervento emergenziale e forse l’istituto avrebbe bisogno di uno più organico. Anche in questo caso si auspica, come per tanti altri istituti del diritto urbanistico, che il legislatore nazionale individui le condizioni per quell’intervento di settore già da tempo richiesto.

 

[1]Ci si riferisce ovviamente all’art. 36 della LR 11/2004.

[2]Domenichelli, Gli elementi caratterizzanti della legge regionale del Veneto 23 aprile 2004, n. 11, in Nuova rass., 2006, 5, 499; Marzaro, Credito edilizio, compensazione e potere di pianificazione. Il caso della legge urbanistica veneta, in Riv. giur. urb., 2005, 4, 644; Fracanzani, Il credito edilizio nella l.r. Veneto n. 11/04: emissione di carta moneta?, in www.giustizia-amministrativa.it, 2005; Marzaro, Riqualificazione delle ville venete e credito edilizio: profili giuridici tra tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici e pianificazione urbanistica, in Riv. giur. urb., 2007, 4, 451; Frigo, Il credito edilizio tra la legge urbanistica del Veneto ed il piano urbanistico comunale di Genova. ovvero dell’urbanistica senza potere, in Quaderni reg., 2009, 9, 867. V poi Barel, Commento all’art. 36, in Barel (a cura di), La legge urbanistica della Regione Veneto. Commentario alla legge regionale del Veneto 23 aprile 2004, n. 11, 2004, Corriere del Veneto; Micelli, Commento all’art. 36, in Sbetti (a cura di), Veneto. Norme per il governo del territorio l.r. 23 aprile 2004, n. 11, Milano, 2006. Si veda poi, in termine fortemente critici, Cacciavillani, Il credito edilizio: figlio degenere della perequazione urbanistica, in www.amministrativistiveneti.it, 18/9/2017.

[3]Si veda ex multis l’esperienza del Comune di San Donà di Piave: il Comune prevedeva la realizzazione di un “parco campagna” di 170 Ha, inedificato e riccamente dotato di infrastrutture ecologiche: ogni ettaro di parco attrezzato generava un credito edilizio di 625 mq da esprimere all’interno delle zone B e C1; v. Faggiani, San Donà, ii crediti edilizi per la ricostruzione dei beni comuni, in Urb. Inf., 2012, 243.

[4]Art. 7, l.r. 4/2015.

[5]D.G.R. n. 669 del 15 maggio 2018.

[6] L.r. n. 14/2017, per la cui analisi di rimanda a Barel (a cura di), Contenimento del consumo di suolo e rigenerazione urbana. Commentario alla legge della Regione Veneto 6 giugno 2017, n. 14, 2017, Corriere del Veneto. Per una lettura critica Cacciavillani, Il credito edilizio: figlio degenere della perequazione urbanistica, in www.amministrativistiveneti.it, 2017.

[7]Bartolini, Circolazione dei diritti edificatori, in Scoca – Stella Richter – Urbani, Trattato di diritto del territorio, Torino, 2018, 727; Id., Circolazione dei diritti edificatori tra le tecniche perequative e compensative, in Urbani (a cura di), Politiche urbanistiche e gestione del territorio, Torino, 2015, 51; Serra, Diritti edificatori e consumo di suolo. Governare il territorio in trasformazione, Milano, 2018; Pasetto, Profili fiscali in ordine alla compravendita dei diritti edificatori, in Riv. dott. Commercialisti, 2018, 2, 351; Iudica, Circolazione dei diritti edificatori e procedure competitive, in Riv. giur. edil., 2018, 1, II, 63; Mastropietro, Natura e circolazione dei diritti edificatori, Napoli, 2013; Gualandi, La circolazione dei diritti edificatori e altre questioni di giurisdizione in materia di edilizia e di urbanistica. Relazione svolta al convegno nazionale organizzato dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, Bologna 16 novembre 2012, in www.inu.it/wp-content/uploads/Articolo_Gualandi_26_febbraio_2013.pdf.

[8]Trapani, cit., 308.

[9]Pasetto, cit., 352.

[10]Questa la denominazione contrattuale che il legislatore voleva “tipizzare” con la L. 106/2011.

[11]Nella concertazione di cubatura i terreni appartengono al medesimo proprietario e quest’ultimo decide di ripartire variamente tra di essi il complesso della volumetria disponibile, v. Sirena, cit., 381, n. 3.

[12]Si tratta di istituti affermatisi nella prassi, si direbbe oggi “bottom-up”, per tanto è comprensibile un uso lessicale non presidiato.

[13]La giurisprudenza ha tradizionalmente ammesso tale prassi anche in assenza di espresse previsioni di piano o normative, v. Cons. Stato, sez. IV, 2488/2006; Cons. Stato, Ad. plen., 3/2009;

[14]Sirena, Diritti edificatori (trasferimento di), in Enc. Dir. (annali VIII), 2015, 381, che associa fra di loro istituti variamente denominati quali la concentrazione di cubatura, il permesso di costruire maggiorato o la perequazione di comparto; Mastropietro, cit., 24; Trapani, cit., 20, per un’articolata disamina.

[15]Mastropietro, cit., 41; Boscolo, La compensazione e l’incentivazione: modelli e differenze rispetto alla perequazione, in Volpe (a cura di) Urbanistica ed attività notarile: nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni: atti del Convegno, Bari, 11 giugno 2011; Milano, 2012, 57.

[16]Davvero ampia è la bibliografia in tema di perequazione urbanistica che non può trovare spazio in questa breve analisi; ci si limita a richiamare per la puntuale ricostruzione dell’istituto Urbani, Urbanistica solidale, Torino, 2011, 133. Non si può poi non ricordare il fondamentale Pompei, Il piano regolatore perequativo, Milano, 1998. Si vedano infine Quaglia, Pianificazione urbanistica e perequazione, Torino, 2000; Perongini, Profili giuridici della perequazione urbanistica perequativa, Milano, 2005; Micelli, Perequazione urbanistica Pubblico e privato per la trasformazione della città, Venezia, 2004.

[17]Dopo la legge regionale veneta già richiamata, si segnalano la l.r. Lombardia n. 11/2005, art. 11; l.r. Puglia n. 3/2005, art. 21 e n. 21/2008, art. 7-bis, che presenta un istituto simile a quello qui in commento; l.p. Trento n. 1/2008, art. 53, co. 6, ed ora l.p. n. 15/2015; l.r. Umbria n. 1/2015, artt. 33 ss., dove sono definiti “quantità edificatorie”; l.r. Liguria n. 36/1997, art. 29-bis ss.; con riguardo poi ai soli crediti compensativi si vedano l.r. Emilia-Romagna, n. 37/2002, art. 23; l.r. Toscana, n. 30/2005, art. 15; l.r. Friuli Venezia Giulia, n. 23/2007, art. 32. Si è osservato come le varie soluzioni accolte dai legislatori regionali, certamente complice l’assenza di una norma statale, non abbiano cero “il pregio della loro reciproca uniformità e coerenza e certamente sollevano qualche ombra in ordine alla loro legittimità costituzionale”, Trapani, cit., 291. Si vedano i vari contributi sulle esperienze regionali contenuti in Bartolini – Maltoni (a cura di), Governo e mercato dei diritti edificatori: esperienze regionali a confronto, Napoli, 2009.

[18]Urbani, L’edilizia residenziale pubblica tra Stato ed autonomie, in Istituz. federalismo, 2010, 3-4, 22; Venturi, Dalla legge obiettivo al piano nazionale di edilizia abitativa: il (ri)accentramento (non sempre opportuno) di settori strategici per l’economia nazionale; in Le Regioni, 2010, 1378. La sentenza n. 121/2010 era stata in parte anticipata dalla n. 340/2009.

[19]Val la pena di rammentare che le norme regionali, a fronte di una possibile severa interpretazione, anche dopo la novella del 2011, potrebbero essere ritenute comunque costituzionalmente illegittime: la competenza esclusiva statale precluderebbe in materia di “ordinamento civile” ogni spazio al legislatore regionale; pare parrebbe quindi che le norme regionali aventi di crediti edilizi e diritti edificatori debbano ritenersi emanante nell’ambito della materia “governo del territorio”.

[20]L’inciso è tratto dall’art. 5, co. 1, lett. c) della L. 106/2011.

[21]Gualandi, cit.

[22]Mastropietro, cit., 125; Boscolo, Le novità del d.l. 70/2011, in Urb. App., 2011, 2012; Bartolini, cit., 736, vista la “macchinosità” della trascrizione, richiama l’interessante proposta di attribuzione al Comune del potere di creare e rilasciare un “titolo improprio” rappresentativo dei diritti edificatori che possa circolare “per girata”, analogamente ai titoli di credito, già in Mastropietro, cit., 126.

[23]Bartolini, cit., 731; Primerano, cit., 569; Sirena, cit., 389; Gualandi, cit.

[24]Cass. 14 dicembre 1993, n. 12298: “Le disposizione dei piani regolatori comunali, generali o particolareggiati, approvati e pubblicati nelle forme previste, hanno valore di norme obiettive con efficacia erga omnes in conformità del loro carattere di generalità e di conoscibilità e, pertanto, si sottraggono quando impongono vincoli o restrizioni ai diritti di proprietà dei privati, ai principi che regolano la trascrizione dei titoli di acquisto di diritti su immobili ai fini della loro opponibilità a eventuali acquirenti di analoghi diritti sullo stesso immobile

[25]Gazzoni, Cessione di cubatura, “volo” e trascrizione, in Giust. Civ., 2012, 3, II, 119; Bartolini, Circolazione dei diritti edificatori, in Scoca – Stella Richter – Urbani, Trattato di diritto del territorio, Torino, 2018, 731.

[26]Sirena, Diritti edificatori (trasferimento di), in Enc. Dir. (annali VIII), 2015, 390.

[27]Primerano, cit., 539.

[28]Sulla cessione di cubatura: Mengoli, Manuale di diritto urbanistico, 2014, 613; Ceccherini, Il trasferimento di cubatura, Milano, 1989; Id., Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ. comm., 2009, II, 557; Id., Trasferimento di cubatura e adempimento del cedente, in Giur. it. comm., 2010, 549; Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. notariato, 2003, 5, 1113.

[29]Urbani – Civitarese Matteucci, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, 2013, 216.

[30]Cons. Stato, sez. V, 671/1987 ha ritenuto possibile trasferire l’edificabilità tra due fondi separati da una strada. TAR Sicilia, Catania, sez. I, n. 4113/2010 ha escluso la prossimità quando tra i fondi siano presenti una o più aree aventi destinazioni urbanistiche incompatibili con l’edificazione.

[31]Cons. Stato, sez. V, 6734/2003.

[32]Cons. Stato, sez. V, 2220/2013; Cons. Stato, sez. IV, 4708/2008; Cons. Stato, sez. IV, 5496/2007; Cons. Stato, sez. V, 1172/2003.

[33]Mengoli, cit., 613 ritiene si sia in presenza di una fattispecie a formazione progressiva.

[34]Libertini, Sui «trasferimenti di cubatura», in Contr. impr., 1991, 93; Mastropietro, cit., 30. Da qui deriva uno dei nomi con cui è chiamato l’istituto, ovvero quello di “servitù di edificazione”.

[35]Primerano, cit., 540. Cfr. Const. St. plen. 3/2009, su cui Carlotti, In tema di vincolo di asservimento, in Foro it., 2009, 523 e Cicchese, Volumetrie preesistenti e rilascio di nuovi titoli edificatori, in Corr. merito, 2009, 813. Si dà sinteticamente conto della possibile struttura tripartita dell’istituto, ad avviso della quale saremmo in presenza di una convenzione tra i proprietari, di un atto unilaterale d’obbligo del proprietario del fondo solvens verso il Comune a non edificare, ed infine del permesso di costruire, Urbani – Civitarese Matteucci, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, 2013, 216.

[36]Primerano, cit., 542, la cui analisi sul punto si fa particolarmente attenta.

[37]Nuovamente Primerano, cit., 543.

[38]Sirena, cit.,381.

[39]Che nel caso potrebbero essere risolti con gli strumenti messi a disposizione dall’art. 21-novies della L. 241/90.

[40]Si confronti l’art. 36, co. 4, che dispone che “I crediti edilizi sono annotati nel Registro Comunale Elettronico dei Crediti Edilizi (RECRED) di cui all’articolo 17, comma 5, lettera e)”; l’art. 17 disciplina a sua volta il contenuto del Piano degli Interventi.

[41]Cfr. ex multis: art. 11, co. 4, l.r. Lombardia n. 11/2005; art. 44, l.r. Umbria n. 1/2015; art. 53, co. 7, L.P. Trento n. 1/2008, ed ora art. 26, co. 6, L.P. n. 15/2015; art. 29-ter, co. 4, l.r. Liguria n. 36/1997.

[42]Bartolini, cit., 732.

[43]Trapani, cit., 267.

[44]Primerano, cit., 568.

[45]Primerano, cit., 559; Trapani, cit., 265.

[46]Bartolini, cit., 733.

[47]Bartolini, cit. 734, che riflette specularmente alle sorti del contratto stipulato in base a provvedimento annullato, aggiungendo che il vizio possa però invalidare il titolo abilitativo in due casi: ove sia il legislatore a consentire tale trasmissione, ovvero si riconosca alla pronuncia del giudice una forza caducante così forte da travolgere anche il provvedimento.

[48]V. i dettagliati approfondimenti di Pasetto, cit., 366 ss. e Trapani, cit., 565 ss.; v. poi Busani, Gli atti traslativi della cubatura (o volumetria), in Corr. trib., 2017, 14, 109; Uda, cit., 1221.

[49]Gualandi, cit.; Primerano, cit., 552; Busani, cit., 109; Quadri, cit., 305 ha parlato di “eterogeneità genetica” dei diritti edificatori.

[50]Sirena, cit., 387; Iudica. cit., 70 che parla di “differente resistenza allo ius variandi”; Mastropietro, cit., 72.

[51]Esaurientemente sul punto Trapani, cit., 475.

[52]Sui problemi della pignorabilità dei crediti edilizi Mastropietro, cit., 132.

[53]Gambaro, Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in Riv. giur. edil., 3; Trapani, cit., 475; Sirena, cit. 382. Non si condividono i dubbi di chi ritiene diversamente, temendo che gli Enti locali potrebbero usare il conferimento di diritti edificatori creati ad hoc per capitalizzare le società partecipate; cfr. Bartolini, cit., 730.

[54]Troisi, I diritti edificatori, in Dig. disc. priv., Agg., Torino, 2014, 228; Perlingieri, Carapezza Figlia, Codice civile. Aggiornamento, Napoli, 2016, 1215; Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, in Volpe (a cura di) Urbanistica ed attività notarile: nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni: atti del Convegno, Bari, 11 giugno 2011; Milano, 2012, 45.

[55]Sirena, cit., 385, il quale aggiunge poi che i diritti edificatori diverrebbero “quiescenti” durante la fase del volo.

[56]Urbani, Conformazione della proprietà, diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei suoli, in Urb. app., 2006, 908, n. 10.

[57]Pasetto, cit., 366; Maltoni, Perequazione e compensazione nella legislazione urbanistica dell’Emilia-Romagna, in Bartolini – Maltoni (a cura di), Governo e mercato dei diritti edificatori: esperienze regionali a confronto, Napoli, 2009. Busani, cit., 109, nega i caratteri del diritto reale e parla di “diritti immateriali di derivazione immobiliare”. Si ritiene poi opportuno, per l’assoluta autorevolezza della dottrina, ricordare Stella Richter, Profili funzionali dell’urbanistica, Napoli, 2016, XVII.

[58]Mastropietro, cit., 106; Primerano, cit., 550; Bartolini, cit., 730; Gazzoni, cit., 104.

[59]Gazzoni, cit., 101.

[60]Gualandi, cit.

[61]Come efficacemente messo in luce da vari studi; recentemente da Primerano, cit., 538.

[62]Mastropietro, cit., 72; Sirena, cit., 387.

Posted in Commentario legge regionale n. 14/2019.