Commento all’art. 11 l.r. n. 14/2017

di Antonella Ballarin

Art. 11

Accordi di programma per interventi di interesse regionale

1. Gli accordi di programma approvati ai sensi del combinato disposto di cui dell’articolo 32 della legge regionale 29 novembre 2001, n. 35 e dell’articolo 6, comma 2, della legge regionale 16 febbraio 2010, n.11, possono consentire una deroga ai limiti di consumo di suolo qualora conseguano ad interventi che non sia possibile localizzare all’interno degli ambiti di urbanizzazione consolidata e la Giunta regionale, sulla base dei criteri di cui all’articolo 4, comma 2, lettera f), sentita la competente Commissione consiliare, ne abbia riconosciuto l’interesse regionale alla trasformazione urbanistico-edilizia.

2. La deroga prevista al comma 1 va motivata in funzione dei limiti strettamente necessari per il buon esito dell’intervento e prevede adeguate misure di mitigazione e interventi di compensazione ecologica degli effetti del superamento dei limiti di consumo di suolo.

Sommario: 1. Analisi normativa2. Aggiornamento a seguito delle modifiche apportate con la l.r. n. 45/2017.

1. Analisi Normativa

La disposizione in commento consente di derogare ai limiti di consumo di suolo mediante accordi di programma, nell’ipotesi in cui gli interventi o programmi di intervento oggetto di accordo non possano essere localizzati negli ambiti di urbanizzazione consolidata e sempre che per tali interventi la Giunta regionale ne riconosca l’interesse regionale alla trasformazione urbanistico-edilizia, sulla base di criteri previamente adottati, sentita la Commissione consiliare competente.

Questa norma di deroga si aggiunge, peraltro, ad altre deroghe contenute negli articoli 12 e 13, e si intreccia, altresì, con diverse altre disposizioni contenute nella legge regionale, al cui commento si rinvia.

Come è noto ed in generale, l’uso dello strumento dell’accordo è particolarmente significativo nella realizzazione delle politiche regionali in quanto duttile ed efficace per la semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa, oltre che funzionale al metodo della concertazione sia per la individuazione delle strategie che per la condivisione delle forme di intervento nel rispetto delle diverse competenze.

La norma in parola richiama gli accordi di programma nel combinato disposto di cui all’art. 32 della l.r. n. 35/2001 e all’art. 6, co. 2, della l.r. n. 11/2010.

Con riferimento agli accordi dell’art. 32 della l.r. n. 35/2001, si tratta di accordi operativi da tempo ed utilizzati per realizzare opere e interventi di interesse regionale. Per tale tipo di accordi la Giunta regionale ha approvato uno schema procedimentale con la delibera n. 2943 del 14 dicembre 2010 che, all’allegato A, individua la scansione delle diverse azioni riguardanti detti accordi, al fine di evitare una certa difformità nei procedimenti amministrativi soprattutto legati alle valutazioni ambientali e urbanistiche.

Di altro genere, invece, il richiamo al comma 2 dell’articolo 6 che si inserisce nell’ambito della disciplina riguardante il trasferimento alle province della materia urbanistica, e si preoccupa di mantenere in capo alla regione l’esercizio delle competenze urbanistiche per quei piani e progetti di interesse regionale sottoposti ad accordi di programma ai sensi dell’art. 32 della l.r. 29 novembre 2001, n. 35 o relativamente ai progetti strategici previsti dall’art. 26 l.r. n. 11 del 2004.

Nella formulazione del comma 2 ritroviamo, quindi, come in un gioco di parole, il richiamo agli accordi dell’articolo 32 e, forse di più interesse, il richiamo ai progetti strategici, di cui faremo un cenno più avanti.

Secondo la norma, l’accesso allo strumento dell’accordo, che consente di poter superare tutte le limitazioni sul consumo del suolo che si produrranno in futuro ed i divieti immediati sia pure di carattere transitorio, è vincolato alle condizioni che il legislatore ha posto e che si concretizzano , come detto, nella necessaria presenza dell’interesse regionale alla trasformazione urbanistico-edilizia ed al fatto che non sia possibile localizzare l’intervento all’interno degli ambiti di urbanizzazione consolidata.

Tra le due condizioni poste, la prima valutazione che deve essere fatta per poter accedere all’accordo è la verifica della localizzazione dell’opera nell’ambito della urbanizzazione consolidata; tale previsione si pone perfettamente in linea con l’obiettivo di risparmio di suolo previsto dalla presente legge (e di derivazione comunitaria), che andrà attuato non solo in termini di mancato utilizzo dello stesso ma anche mediante il riutilizzo dell’esistente attraverso quei processi già noti di riconversione, rigenerazione e riqualificazione dei tessuti urbani, anche degradati.

Detti processi li troviamo, peraltro, meglio specificati, all’art. 3, co. 2, laddove si prevede che: “…la pianificazione territoriale e urbanistica privilegia gli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia all’interno degli ambiti di urbanizzazione consolidata che non comportano consumo di suolo, con l’obiettivo della riqualificazione e rigenerazione, sia a livello urbanistico-edilizio che economico-sociale, del patrimonio edilizio esistente, degli spazi aperti e delle relative opere di urbanizzazione, assicurando adeguati standard urbanistici, nonché il recupero delle parti del territorio in condizioni di degrado edilizio, urbanistico e socio-economico, o in stato di abbandono, sotto utilizzate o utilizzate impropriamente.”; e li ritroviamo ancora, in maniera più puntuale, agli articoli successivi da 5 a 9.

Sulla previsione della verifica della localizzazione sarebbe auspicabile una interpretazione di carattere restrittivo, nel senso di escludere qualsiasi possibilità di derogare ai limiti sul consumo del suolo ove vi sia anche una sola minima possibilità di realizzare l’intervento in un contesto di urbanizzazione consolidata, al fine di non vanificare gli scopi che questa legge si prefigge.

Va da sé che l’eventuale mancata possibilità di localizzare in detti ambiti dovrà trovare adeguata motivazione (sull’onere di motivazione si sofferma anche il comma 2 che poi vedremo).

Sempre sulla localizzazione, un richiamo si trova anche all’art. 4, co. 2, lett. f), (cioè il comma che prevede il provvedimento riguardante i criteri per il riconoscimento dell’interesse regionale), che indica nella mancanza di alternative localizzative negli ambiti di urbanizzazione consolidata, il criterio per poter applicare la deroga (assieme a quello dell’interesse regionale). Il legislatore ribadisce quindi la necessarietà di valutare concretamente tutte le possibili alternative di collocazione dell’intervento nell’ambito da esso prescelto.

Una leggera critica andrebbe fatta, invece, sul mancato coordinamento di detta previsione della lettera f) con l’art. 11; nel caso della lettera f), si assegna alla Giunta regionale il compito di dettare i criteri per l’individuazione degli “interventi pubblici di interesse regionale”, ponendo quindi l’accento dell’interesse della regione sul tipo di intervento pubblico; mentre l’articolo 11 collega l’interesse regionale non solo all’intervento ma soprattutto alla “trasformazione urbanistico edilizia” che tale intervento comporta.

Sortisce ancora una certa attenzione questo richiamo all’interesse della regione alla trasformazione urbanistico edilizia tanto più se si pensa che nella formulazione dell’originale progetto di legge, l’interesse regionale era rivolto, forse più correttamente, all’accordo.

In ogni caso, sempre per quanto concerne detto interesse regionale, occorrerà attendere la definizione dei criteri contenuti nel provvedimento della Giunta regionale; provvedimento che potrebbe anche ritardare se, per ragioni di “opportunità”, si ritenesse importante l’acquisizione di tutte quelle informazioni sullo stato della pianificazione territoriale comunale, necessarie per la predisposizione del provvedimento dell’art. 4, co. 2, lett. a), ed utili per una analisi di carattere generale circa i criteri da definire; sempre che non si voglia rispettare il termine, ordinatorio, disposto dal comma 4 dell’articolo 4 citato che dispone che tutti i provvedimenti del comma 2 del medesimo articolo (e quindi anche quello dei criteri per l’interesse regionale), saranno emanati entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge regionale, previo parere della commissione consiliare competente, che ha 60 giorni per esprimersi, decorsi i quali se ne prescinde.

Passando ora al comma 2, si richiede che l’eventuale deroga venga motivata “in funzione dei limiti strettamente necessari per il buon esito dell’intervento”; nonostante questa disposizione appaia un po’ diversa e forse meno chiara rispetto alla originaria formulazione contenuta nel progetto di legge presentato nel 2015, che disponeva un obbligo di contenere la superficie in deroga entro i limiti strettamente necessari per l’attuazione degli interventi, sembra ragionevole ritenere che l’obiettivo sia lo stesso e che anche in questa nuova formulazione si voglia comunque raccomandare che nell’uso della deroga, la motivazione debba dar conto che l’intervento è comunque realizzato entro quei limiti strettamente necessari a soddisfare il suo buon esito. Diversamente verrebbero vanificato gli scopi della norma e della legge in generale.

Sono infine previste adeguate misure di mitigazione e di compensazione ecologica che possano bilanciare e riequilibrare il superamento dei limiti imposti al consumo del suolo.

La mitigazione e, soprattutto, la compensazione ecologica per la conservazione degli habitat e il recupero delle funzionalità perse dall’ecosistema, sono tematiche già avviate da tempo in materia di consumo di suolo che, oltre ad avere un obiettivo di riequilibrio dei valori naturali a fronte della loro dissipazione, sono viste anche come strumento di disincentivazione del consumo di suolo, con riferimento ai costi da sopportare per il compimento di tali azioni compensative, spesso differenziate in relazione alla diversità delle aree oggetto di intervento.

Si vuole ora tornare, brevemente, sul tema degli accordi per una piccola appendice sull’applicazione dell’art. 11 ai progetti strategici turistici previsti dall’art. 26 l.r. n. 11 del 2004, per effetto del richiamo ad essi operato da parte dell’art. 6, co.2, della l.r. n. 11/2010 ed agli accordi previsti dalla l.r. n. 50/2012 in materia di commercio.

Nel primo caso si tratta di una questione di carattere procedimentale; posto che i progetti strategici di carattere strutturale ed infrastrutturale finalizzati ad attività di particolare interesse per lo sviluppo delle località turistiche sembrano ricadere in pieno nella disciplina dell’articolo 11, essendo approvati proprio ai sensi dell’art. 32 l.r. n. 35/2001 e considerati di interesse regionale ai sensi dell’art. 6, co. 2 l.r. n. 11/2010, il procedimento all’epoca adottato dalla Giunta regionale con proprio provvedimento del 2015 richiederà con ogni probabilità un coordinamento con la nuova norma regionale cosi come il provvedimento della Giunta adottato per gli accordi di programma dell’articolo 32.

Qualche dubbio solleva invece l’applicazione dei limiti posti dalla legge regionale sul consumo di suolo rispetto alla legge regionale n. 50/2012 relativamente al sistema commerciale, ivi compresi gli accordi di programma per le strutture di vendita a rilevanza regionale.

Premesso che in questo caso gli accordi sono stipulati ai sensi dell’articolo 34 del d.lgs. n. 267/2000 (quindi l’articolo 11 potrebbe non trovare applicazione?) deve comunque rilevarsi che il testo approvato in commissione consiliare, nell’articolo relativo alle disposizioni finali (art. 11, co. 1, lett. h) prevedeva che fossero sempre consentiti sin dall’entrata in vigore della legge ”h) gli interventi di cui alla legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto” e ai relativi provvedimenti attuativi”.

In tal modo venivano sottratti dalle regole del risparmio di suolo tutti gli interventi afferenti alle strutture di vendita.

Considerato che tale previsione è sparita, apro una parentesi dubbiosa: deve ritenersi che il legislatore abbia inteso non escludere dall’ambito applicativo di questa legge regionale il sistema commerciale oppure, più semplicemente, che il legislatore abbia ritenuto pleonastico mantenere la previsione della lettera h), potendosi considerare tale normativa commerciale di carattere speciale, anche perché, in alcuni passaggi, di difficile applicazione per le strutture di vendita?[1]

2. Aggiornamento a seguito delle modifiche apportate con la l.r. n. 45/2017

Nel corso del biennio di sua vigenza l’articolo in rubrica non ha subito modifiche, tuttavia, l’inserimento del comma 2 bis all’articolo 12 (al cui commento si rinvia), da parte della legge regionale 29 dicembre 2017, n. 45 “Collegato alla legge di stabilità regionale 2018”, ha influito parzialmente sulla sua applicazione permettendoci di fare qualche ulteriore riflessione con riferimento alla normativa commerciale. Nel rinviare quindi alla precedente pubblicazione per gli aspetti generali sull’articolo 11, ci si limiterà in questa sede a valutare le ricadute di questo nuovo comma 2 bis sull’articolo in questione con riferimento alle strutture di vendita.

Brevemente, ricordiamo che in sede di approvazione definitiva della legge regionale n. 14/2017, il Consiglio regionale aveva stralciato la previsione normativa inserita dalla commissione consiliare competente che sottraeva alle regole sul contenimento del suolo gli interventi afferenti le strutture di vendita di cui alla legge regionale n. 50/2012, lasciando quindi un margine di interpretabilità circa l’applicazione o meno della legge regionale n. 14/2017 anche a tali strutture di vendita.

Per chiarire, presumibilmente, tali dubbi interpretativi, alcuni mesi dopo l’approvazione della citata legge regionale n. 14, il legislatore veneto ha approvato il richiamato comma 2 bis che prevede: “Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano anche agli interventi commerciali che restano disciplinati dalla legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50 “Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto”, e dai relativi regolamento e provvedimenti attuativi, ove rechino una disciplina più restrittiva”.

La nuova disposizione precisa espressamente il rapporto che intercorre tra la legge sul contenimento del suolo di cui alla legge regionale n. 14/2017 e quella sul sistema commerciale di cui alla legge regionale n. 50/2012 assumendo, come regola che sovrintende l’applicazione delle due discipline normative, quella che maggiormente “limita” gli interventi commerciali.

Anche per gli accordi, quindi, a governare sarà la disciplina più restrittiva tra quella derogatoria dell’articolo 11 e quella più stringente sugli accordi commerciali rinvenibile non solo nella specifica legge regionale sul commercio ma soprattutto nel suo regolamento attuativo 21 giugno 2013, n. 1 “Indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale”, ovviamente con riferimento alle strutture di vendita a rilevanza regionale.

In tale quadro va specificato che la rilevanza regionale di tali strutture commerciali, ed il conseguente loro assoggettamento all’accordo di programma, è strettamente connessa all’entità dimensionale in termini di superficie di vendita come indicata nell’articolo 26, comma 1, lett. da a) ad e). Si tratta di strutture di grandi dimensioni che attengono a superfici superiori a 15 mila mq; oppure di superfici di dimensioni più ridotte ma comunque superiori a 8000 metri quadrati (o anche 2500 mq se collocate in ambiti individuati di rilevanza regionale) che però richiedono una apposita variante urbanistica di localizzazione.

Interessante per la questione è la parte del regolamento che reca una serie di regole e parametri piuttosto rigorosi che poco spazio lasciano ai margini derogatori dell’articolo 11 rispetto a quelli ammessi da tale regolamento: si tratta dei criteri definiti di approccio sequenziale e di valutazione della compatibilità e sostenibilità degli interventi che trovano applicazione per tutti gli accordi di programma che siano finalizzati alla realizzazione di strutture di vendita di rilevanza regionale.

A tal proposito, quindi, la deroga dell’articolo 11 andrà necessariamente valutata in concreto posto che la realizzazione delle strutture di vendita di rilevanza regionale al di fuori del centro urbano (che, secondo la definizione data dall’articolo 3, comma 1, lett. m), della l.r. 50/2012, rientra pienamente nell’ambito della urbanizzazione consolidata) è consentita soltanto in caso di riqualificazione urbanistica di aree o strutture dismesse e degradate o di consolidamento di polarità esistenti oppure nelle limitate ipotesi di valorizzazione di complessi sportivi di interesse regionale situati all’interno dei comuni capoluogo e nel caso di varianti localizzative funzionali ad un intervento commerciale di ampliamento.

Infine, ma di un certo rilievo anche per gli accordi commerciali, va ricordato il limite posto dal comma 2 bis dell’articolo 16 della legge regionale n. 11/2004 (la legge sul governo del territorio), il quale richiede la pianificazione coordinata tra comuni, ivi compresi  i comuni confinanti con il comune interessato dall’insediamento della grande struttura di vendita,  nel caso di strutture poste al di fuori del centro storico, con superficie di vendita superiore a 8.000 metri quadrati nei comuni capoluogo di provincia e con superficie di vendita superiore a 4.000 metri quadrati negli altri comuni.

 

[1] Nota di aggiornamento: In tema di applicazione delle disposizioni della legge 14/2017 anche alle strutture di vendita è intervenuta la modifica legislativa portata con la legge regionale n. 45/2017, che ha introdotto nell’art. 12 un nuovo comma 2bis, il quale prevede che le disposizioni della legge sul contenimento del consumo di suolo trovino applicazione anche agli interventi commerciali, che restano disciplinati dalla l.r. n. 50/2012 “ove rechino una disciplina più restrittiva”.

 

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