Commento all’art. 9 l.r. n. 14/2017

di Patrizia Petralia e Angelo De Zotti

Art. 9

Politiche per la qualità architettonica, edilizia ed ambientale, per la riqualificazione e per la rigenerazione

1. La qualità architettonica si persegue mediante una progettazione che, recependo le esigenze di carattere funzionale, formale, paesaggistico, ambientale e sociale poste alla base dell’ideazione e della realizzazione dell’opera, garantisca l’armonico inserimento dell’intervento nel contesto urbano o extraurbano, contribuendo al miglioramento dei livelli di vivibilità, fruibilità, sicurezza, decoro e garantendone il mantenimento nel tempo.

2. La Giunta regionale:

a) promuove la qualità edilizia e diffonde la conoscenza delle buone pratiche attraverso il sito istituzionale della Regione e con iniziative specifiche, avvalendosi della collaborazione e del contributo attivo di università, enti di studio e centri di ricerca, associazioni professionali, imprenditoriali e culturali;

b) incentiva la promozione dell’edilizia sostenibile di cui alla legge regionale 9 marzo 2007, n. 4 “Iniziative ed interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile”;

c) promuove ed attiva concorsi di idee e laboratori di progettazione, in collaborazione con i soggetti qualificati di cui alla lettera a);

d) definisce parametri di eco-sostenibilità degli interventi di riqualificazione urbana e di rigenerazione urbana sostenibile, con particolare riguardo al risparmio energetico degli edifici, alla riduzione delle superfici impermeabili, al potenziamento ed all’efficientamento delle reti tecnologiche, alla riduzione dell’inquinamento atmosferico;

e) incentiva l’elaborazione di una pianificazione volta alla diffusione e all’applicazione delle buone pratiche per la valorizzazione del verde urbano e, in generale, degli spazi urbani aperti, pubblici e privati, nonché per la realizzazione di boschi cittadini;

f) riconosce ai piani ed ai progetti che abbiano contenuti particolarmente qualificanti ed innovativi per qualità edilizia ed ambientale la possibilità di fregiarsi dello stemma e del logo della Regione di cui all’articolo 42 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, e valorizza tale riconoscimento fra i criteri per l’assegnazione di eventuali finanziamenti, premi e incentivi, regionali o a regia regionale, nel campo della pianificazione urbanistica e territoriale, dei programmi di rigenerazione urbana sostenibile e della progettazione.

3. Ai comuni, che prevedono azioni per la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana sostenibile nonché di interventi volti a favorire l’insediamento di attività agricola urbana e il ripristino delle colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati, inutilizzati o, comunque, non più sfruttati ai fini agricoli, è attribuita priorità nella concessione di finanziamenti regionali in materia di governo del territorio. Il medesimo ordine di priorità è riconosciuto anche a soggetti privati che effettuano interventi di recupero di edifici e di infrastrutture nei nuclei insediativi in zona agricola, nonché il recupero del suolo ad uso agricolo mediante la demolizione di opere incongrue o di altri fabbricati rurali abbandonati.

4. I comuni per lo svolgimento delle azioni di cui al comma 3 possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”.

L’esordio dell’articolo in commento ha in sé qualcosa di poetico, fa tornare in mente i versi di antichi testi di bucolica memoria virgiliana: “Tytyre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem tenui Musam meditaris avena; nos patriae finis et dulcia inquimus arva, nos patriam fugimus; tu, Tityre, lentus in umbra formosam resonare doces Amaryllida silvas.

L’idea di opere armonicamente inserite nel contesto urbano ed extraurbano, che nel tempo garantiscano vivibilità, fruibilità, sicurezza e decoro, ci riporta a tempi in bianco e nero, in cui i quartieri delle nostre città -per quanto privi di negozi luccicanti e griffati e di centri commerciali grandi come città- non erano ancora soffocati dal traffico e dal parcheggio selvaggio in tripla fila, da plurimi contenitori per le raccolte differenziate, da folle di persone che si muovono in folti gruppi, incrociandosi spesso indifferenti gli uni altri. I negozi, essenziali e sobri, erano punti di socializzazione e di incontro di persone che nel quartiere si conoscevano; al bar il barista parlava il tuo dialetto e serviva un buon e tradizionale espresso italiano.

Quanto suolo è stato consumato da allora e quanto prezioso ambiente distrutto, sacrificato in nome del consumistico progresso!

Con la nuova legge si introducono invero concetti già presenti nella normativa regionale pregressa, anche se gli stessi nel 2004 venivano presentati come meri principi cui i Comuni e la Regione si dovevano ispirare; oggi il processo di revisione ispirato ad una nuova coscienza delle risorse territoriali ed ambientali, diviene urgente.

Proponendo una sintetica comparazione con l’analoga legge n. 31/2014 della Regione Lombardia, ciò che appare evidente e merita una sottolineatura è lo sviluppo che il legislatore veneto intende imprimere alla finalità, comune alle due leggi sul contenimento del consumo del suolo, al fine non solo di riassumerne gli obiettivi, ricompresi nel termine “Politiche per la qualità architettonica, edilizia ed ambientale, per la riqualificazione e per la rigenerazione”, ma per far comprendere che la riduzione del consumo del suolo non è il fine unico della legge, ma che l’obiettivo è più ampio e comprende la ristrutturazione, la rigenerazione e la riqualificazione di tutto l’ambiente costruito: in una parola l’obiettivo vero e ambizioso che la legge veneta intende perseguire è non solo di ridurre il consumo del suolo ma, in tutti i modi possibili, la restituzione del suolo consumato, se possibile, alla sua condizione originaria di superficie agricola, ovvero alla sua rigenerazione, in modo da raggiungere un bilancio ecologico tendenzialmente pari a zero tra consumo e ripristino.

L’obiettivo dello zero relativo, inteso come sopra descritto, appare infatti certamente più realistico e meglio perseguibile di quello che affida allo zero assoluto di consumo di suolo, il risultato finale da perseguire entro il 2050.

Ecco perché la legge regionale veneta interviene ambiziosamente (qualcuno ritiene già troppo) su più piani: da un lato con norme che indirizzano le scelte amministrative verso il pur lontano obiettivo europeo di azzeramento del consumo del suolo non ancora urbanizzato, attraverso la programmazione regionale e comunale, dall’altro orientando le amministrazioni locali e gli operatori del settore verso la rigenerazione urbana, la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di tipologie edilizie ed uso di materiali ecocompatibili di ultima generazione, a basso impatto energetico ed ambientale.

La rubrica dell’articolo 9 in commento “Politiche per la qualità architettonica, edilizia ed ambientale, per la riqualificazione e per la rigenerazione” preavvisa che la norma contiene una disciplina di peso e quindi decisiva per le future scelte politiche di governo del territorio.

Le disposizioni regionali precedenti avevano già tracciato, almeno negli obiettivi, il percorso che la nuova legge intende concretamente intraprendere: programmazione dell’uso del suolo, riduzione progressiva e controllata della copertura artificiale, tutela del paesaggio, delle superfici agricole e forestali e delle loro produzioni e delle reti ecologiche, promozione e salvaguardia della biodiversità, azioni dirette alla rinaturalizzazione di suolo impropriamente occupato, riqualificazione e rigenerazione degli ambiti urbani e utilizzo di nuove risorse territoriali, solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente, finalità quest’ultima già formalmente presente nella legge regionale n. 11/2004.

L’art. 4 della l.r. n. 14/2017 “Misure di programmazione e di controllo sul contenimento del consumo del suolo”, al quale l’art. 9 implicitamente si riferisce, in particolare prevede l’assunzione, da parte della Giunta regionale, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della legge, di un atto fondamentare per l’operatività della normativa appena introdotta, trattandosi dell’atto che dovrà fissare, nel periodo di riferimento, la quantità massima di consumo del suolo ammessa nel territorio regionale e la sua ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei.

Alla Giunta regionale viene affidato il compito decisivo di raccogliere tutti i dati utili per determinare la quantità di suolo consumabile nel periodo prefissato di cinque anni, nella prospettiva già evidenziata di raggiungere il traguardo previsto dalla Commissione europea di giungere entro il 2050 a una occupazione netta di terreno pari a zero.

Con l’articolo in commento vengono invece determinati i principi, gli obiettivi e gli strumenti per realizzare il secondo scopo, ulteriore ma non meno rilevante, della legge, rispetto al risparmio di territorio, vale a dire quello della rigenerazione e del riuso dell’edificazione preesistente, creando le basi per progettare la nuova edilizia regolata da tecniche e materiali di ultima generazione, secondo le migliori prassi già utilizzate nelle belle, ordinate ed ecocompatibili smart cities del nord Europa ( esempio noto per tutte la città di Friburgo). Questo obiettivo si coniuga, e in questo senso è stato già definito come assolutamente complementare, con quello del risparmio del suolo, perché solo se si conseguirà l’obiettivo del riuso attraverso la riqualificazione di immobili inutilizzati o obsoleti, e in senso più ampio, la rigenerazione ambientale, sarà possibile contenere la richiesta di nuove aree edificabili.

Risparmiare vuol dire infatti, come ricordato nella premessa al presente commento, utilizzare bene il patrimonio disponibile.

Questo obiettivo prioritario che il legislatore, al comma 2, affida alla Giunta regionale, quantunque non preveda una tempistica definita e stringente (180 giorni dall’entrata in vigore della legge ex art. 4 della legge), presuppone nondimeno che i soggetti istituzionali cui compete avviare tale percorso, si attivino immediatamente.

Per dare un’idea della complessità del compito si segnala che l’analoga legge lombarda n. 31/2014, dopo tre anni dall’avvio dello stesso progetto, non ha ancora visto la conclusione di tale fase, che dopo gli ultimi aggiornamenti è stata fissata al 31 dicembre 2017, dilatando in pari misura l’applicazione della disciplina transitoria.

In tal senso la normativa urbanistica del Veneto sembra tuttavia affidata a disposizioni che potrebbero ridurre i tempi rispetto al modello lombardo, basato sulla revisione del piano territoriale regionale (PTR) che prevede fasi di osservazioni, concertazione e pubblicazione di criteri, indirizzi e linee tecniche per determinare e quantificare gli indici di misura del consumo di suolo nel territorio regionale lombardo.

In ogni caso il legislatore regionale, pur contando sul rispetto dei termini di approvazione della DGR, all’art. 13 comma 8^ ha nondimeno previsto che, ove tale provvedimento non sia emanato nel termine di 180 giorni, la percentuale fissata nella misura del 30% della capacità edificatoria assegnata dai PAT, in deroga al divieto di consumo di suolo stabilito dal 1^ comma, viene aumentata di un ulteriore 20%; il che significa che, scaduto quel termine, il divieto di consumo di suolo viene sostanzialmente derogato nella misura non trascurabile del 50%.

Soluzione assai discutibile perché è evidente che anziché operare in senso ulteriormente restrittivo, la norma allarga le maglie della deroga, risolvendosi in una sanzione a carico del territorio da salvaguardare.

Passando al commento sintetico del commi 2 lettere a) b) c) d) e) f) si può segnalare quanto segue:

In generale, il contenuto delle lettere a) b) c) d) e) f) non appare particolarmente innovativo rispetto alle norme precedenti, sia della legge regionale n.11/2004 (cfr. art. 13 contenuti del PAT, art. 17 contenuti del PI; art. 24 contenuti del PTRC; art. 36 riqualificazione ambientale e credito edilizio, art. 37 compensazione urbanistica, art. 43 e seguenti riguardanti l’edificazione nel territorio agricolo e art. 46 sull’attività di indirizzo regionale) sia della l.r. 4/2007 rubricata “Iniziative e interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile”.

Il comma 3 e il comma 4 contengono invece previsioni più concrete, rispetto al comma 2 essenzialmente costituito da principi, prevedendo la possibilità che i Comuni ottengano finanziamenti regionali sia per progetti di rigenerazione urbana sostenibile, per l’incentivazione allo sfruttamento agricolo anche attraverso il ripristino di colture in terreni incolti ed abbandonati che per l’insediamento di attività agricola urbana (orti cittadini, agricoltura in balconi e terrazze agricoltura idropinica).

Un esempio interessante e emblematico è, a questo proposito, il palazzo ‘verde‘ ideato dallo studio di Stefano Boeri nella zona dei Giardini di Porta Nuova a Milano, noto come “il bosco verticale” e riconosciuto come uno dei progetti più innovativi del recupero urbano milanese.

Nell’ambito di tale complessiva attività di promozione e di incentivazione viene attribuita priorità di finanziamento a progetti di soggetti privati che abbiano la finalità di recuperare edifici infrastrutture in nuclei in zona agricola, ovvero il recupero di suolo ad uso agricolo attraverso la demolizione di opere e fabbricati abbandonati o non più funzionali all’uso per cui erano stati realizzati.

Il Veneto, come noto, dispone sul territorio di molti edifici, specie capannoni, inutilizzati perché frutto di mere operazioni speculative che la crisi economica ha reso infruttuose, che potrebbero riacquistare valore attraverso progetti di recupero intelligenti ed innovativi ascrivibili ai tanti nostri professionisti, cui non fa certamente difetto preparazione tecnica e fantasia innovatrice.

Infine, il comma 4^, ispirato all’orientamento e alla modernizzazione del settore agricolo verso fini non meramente utilitaristici di produzione alimentare ma volti alla fondamentale e insostituibile funzione di salvaguardia dei territori del nostro paese, a norma dell’art. 7 della l. 57/2001, prevede la possibilità che i Comuni stipulino, per tali finalità, convenzioni con gli imprenditori agricoli che quegli scopi si impegnino a perseguire.

E’ dunque scaduto il tempo in cui si consumava il suolo e si costruiva per l’effimero bisogno del momento, senza riguardo alcuno agli impatti sull’ambiente, sugli equilibri idrogeologici, sul clima e in generale sull’ecosistema dell’intero pianeta?

Le intenzioni sono certamente queste, sia pure con obiettivi non sempre immediati, ma l’esperienza del passato suggerisce di mantenere tuttora l’uso del condizionale.

Non si tratta quindi né di assecondare quella forma di pessimismo cosmico che nasce dalle tante illusioni del passato né di lasciarsi trascinare dall’enfasi che gli obiettivi estremamente ambiziosi della legge qui commentata lasciano intravedere “a portata di mano”.

La cautela resta quindi d’obbligo!

Quantomeno si può convenire che con questa legge il Veneto ha preso atto che non è più possibile urbanizzare senza una pianificazione dei rischi idrogeologici, senza rinforzare le difese naturali della piantumazione e della cura dei terreni boscati urbani ed extra urbani, senza una valutazione dell’esistente e del suo opportuno riuso, senza il necessario cambiamento di mentalità che conduce ad un più intelligente e razionale utilizzo dell’edificato esistente.

Gli articoli di stampa, i commenti e le interviste a rappresentanti delle diverse categorie interessate, inducono a pensare che l’attuazione della legge non sarà così celere come l’obiettivo richiederebbe e l’esempio lombardo sembra confermarlo.

Si sente parlare già di necessità di “approccio graduale al problema “, di “diritti acquisiti”, di “fasi di monitoraggio” e di “misure prudenti e graduali”.

L’articolo 9, pur tenendo conto dell’eterno rapporto dialettico tra sviluppo economico e tutela dell’ecosistema ambientale, non può tuttavia essere interpretato come un manifesto astratto di scelte future.

Lo sviluppo urbano sostenibile ed il reale miglioramento della qualità della vita in Veneto, impongono ormai impegni e scelte pronte, concrete ed efficaci.

È stato detto che per l’ambiente non c’è più tempo per le regolazioni transitorie: la cura non può essere omeopatica, siamo alla chirurgia d’urgenza.

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