Commento all’art. 23 l.r. n. 14/2017

di Roberto Travaglini

Art. 23

Modifica dell’articolo 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”

1. Dopo il comma 5 dell’articolo 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 è aggiunto il seguente:

“5 bis. Il comune trasmette alla Giunta regionale l’aggiornamento del quadro conoscitivo di cui all’articolo 11 bis dandone atto contestualmente alla pubblicazione nell’albo pretorio; la trasmissione del quadro conoscitivo e del suo aggiornamento è condizione per la pubblicazione del piano.”.

2. Il comma 7 dell’articolo 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 è sostituito dal seguente:

“7. Decorsi cinque anni dall’entrata in vigore del piano decadono le previsioni relative alle aree di trasformazione o espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, a nuove infrastrutture e ad aree per servizi per le quali non siano stati approvati i relativi progetti esecutivi, nonché i vincoli preordinati all’esproprio di cui all’articolo 34. In tali ipotesi si applica l’articolo 33 fino ad una nuova disciplina urbanistica delle aree, da adottarsi entro il termine di centottanta giorni dalla decadenza, con le procedure previste dai commi da 2 a 6; decorso inutilmente tale termine, si procede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 30.”.

  1. Dopo il comma 7 dell’articolo 18 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 è aggiunto il seguente:

“7 bis. Per le previsioni relative alle aree di espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, gli aventi titolo possono richiedere al comune la proroga del termine quinquennale. La proroga può essere autorizzata previo versamento di un contributo determinato in misura non superiore all’1 per cento del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU. Detto contributo è corrisposto al comune entro il 31 dicembre di ogni anno successivo alla decorrenza del termine quinquennale ed è destinato ad interventi per la rigenerazione urbana sostenibile e per la demolizione. L’omesso o parziale versamento del contributo nei termini prescritti comporta l’immediata decadenza delle previsioni oggetto di proroga e trova applicazione quanto previsto dal comma 7.”.

Sommario: 1. Il nuovo comma 5 bis 2. Il nuovo comma 72. Il nuovo comma 7bis.

L’art. 23 della l.r. n. 14/2004 interviene sull’art. 18 (Procedimento di formazione, efficacia e varianti al Piano degli interventi), aggiungendovi due commi, il 5 bis e il 7 bis e sostituendo il comma 7.

1. Il nuovo comma 5 bis

La disposizione si collega con quanto statuito dal nuovo art. 11 bis della l.r. n. 11/2004, introdotto dall’art. 19 della l.r. n. 14/2017, al cui commento si rinvia.

Se quest’ultima disposizione impone al Comune di trasmettere alla Giunta regionale l’aggiornamento del quadro conoscitivo predisposto in occasione della formazione del PI, così come di ogni sua variante, ai fini del monitoraggio e dello svolgimento delle attività che competono all’osservatorio della pianificazione urbanistica e territoriale di cui all’art. 8 della l.r. n. 11/2004, il nuovo comma 5 bis, inserito nell’art. 18 della medesima l.r. n. 11/2004, stabilisce che:

  1. di tale trasmissione il Comune è tenuto a dare contestuale notizia con pubblicazione nell’albo pretorio;
  2. la stessa trasmissione del quadro conoscitivo e del relativo aggiornamento costituisce una condizione per la pubblicazione del piano e, quindi, decorrendo dalla tale pubblicazione gli effetti del PI, ex art. 18, co. 6, la mancata trasmissione del quadro conoscitivo rappresenta adempimento necessario per la stessa efficacia del PI.

Appare evidente l’obiettivo della disposizione di indurre i Comuni ad alimentare l’osservatorio regionale, che viene ad assumere con la nuova l.r. n. 14/2017 un ruolo ancor più rilevante che per il passato, dovendo periodicamente relazionare sullo stato del consumo di suolo nei suoi diversi aspetti, quantitativi e qualitativi.

2. Il nuovo comma 7

La disposizione in rubrica riproduce pressoché letteralmente[1] l’originario comma 7 dell’art. 18 della l.r. n. 11/2004, cui fa peraltro seguire la precisazione che la nuova disciplina urbanistica deve essere adottata “entro il termine di centottanta giorni dalla decadenza, con le procedure previste dai commi da 2 a 6[2]; decorso inutilmente tale termine, si procede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 30.[3]

La norma risulta alquanto opportuna, in quanto fissa un termine sollecitatorio entro il quale il Comune è obbligato ad adottare (espressione da intendersi nella relativa accezione tecnica, come atto della Giunta, organo competente all’adozione del PI) la nuova disciplina, in sostituzione di quella contenuta nelle previsioni decadute per precedente decorso del quinquennio, così come di quella, transitoria, desumibile dall’art. 33 della l.r. n. 11/2004.[4]

Il termine sollecitatorio, che va a sostituire l’indeterminatezza della precedente versione della norma, è fissato in 180 giorni dalla decadenza delle previsioni contenute nel PI, trascorsi i quali la nuova versione del comma 7 dispone che “si procede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 30”.[5]

3. Il nuovo comma 7 bis

È questa la novità inserita nel corpo dell’art. 18 della l.r. n. 11/2004 che, almeno ad avviso di chi scrive, presenta le maggiori difficoltà di coordinamento con il quadro complessivo della pianificazione urbanistica comunale e con quella di carattere operativo, costituita dal Piano degli interventi, in particolare.

Infatti, come già evidenziato nel commento alla nuova stesura dell’art. 18, comma 7, della l.r. n. 11/2004, il legislatore del 2017 lascia inalterata la struttura della pianificazione urbanistica comunale, che “si esplica mediante il piano regolatore comunale che si articola in disposizioni strutturali, contenute nel piano di assetto del territorio (PAT) ed in disposizioni operative, contenute nel piano degli interventi (PI)[6]

Il PAT è chiamato a delineare le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio, ad individuarne le invarianti[7] e ha validità a tempo indeterminato[8], mentre il PI, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio[9] ed assume un orizzonte di efficacia per le relative previsioni relative alle aree di trasformazione e/o espansione pari a cinque anni[10].

Il PI è stato quindi pensato – in linea con la riforma delineata nel Documento INU del 1995 – quale componente operativa del Piano regolatore comunale (PRC), destinato a riassorbire le finalità programmatorie che l’art. 15 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, attribuiva al PPA[11], fino a concepirlo quale sorta di “Piano del Sindaco”, che definisce le politiche urbanistiche e ambientali di un intero mandato amministrativo comunale.

In questo quadro, appare pienamente coerente l’idea di un PI che individui le aree di trasformazione o espansione soggette a pianificazione attuativa, previsioni quest’ultime la cui efficacia venga meno con il decorso di cinque anni dall’entrata in vigore del PI, qualora i corrispondenti PUA non siano stati, nel frattempo, approvati.[12]

Regime, quello dell’efficacia quinquennale, che accomuna le citate previsioni del PI a quelle aventi ad oggetto nuove infrastrutture ed aree per servizi, per le quali la decadenza è collegata alla mancata approvazione dei progetti esecutivi, nonché a quelle riguardanti i vincoli preordinati all’esproprio.

In virtù del disposto del comma 7 dell’art. 18 della l.r. n. 11/2004 il Comune che, una volta decadute le previsioni di PI sopra richiamate per decorso del quinquennio, le voglia riproporre, le inserisce nel nuovo PI – naturalmente a seguito della verifica della persistente congruità dei relativi contenuti con la pianificazione strutturale (PAT) ed esperite le opportune forme di consultazione dei cittadini, anche attraverso le procedure ad evidenza pubblica di cui all’art. 17, co. 4 – dando ad esse un nuovo orizzonte temporale pari a cinque anni dall’entrata in vigore del nuovo piano operativo[13].

Ora il nuovo comma 7 bis dell’art. 18 della l.r. n. 11/2004 introduce una nuova, concorrente, sorte per le previsioni del PI aventi ad oggetto aree di trasformazione o espansione soggette a PUA non approvati nell’arco di validità quinquennale del PI: la possibilità, per gli aventi titolo, di chiedere al Comune una proroga del termine quinquennale e la conseguente possibilità per il Comune di “autorizzare” detta proroga, “previo versamento di un contributo determinato in misura non superiore all’1 per cento del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU. Detto contributo è corrisposto al comune entro il 31 dicembre di ogni anno successivo alla decorrenza del termine quinquennale”.

Anche se la norma in commento non ne parla, trattandosi di “proroga” la relativa richiesta dovrebbe essere presentata al Comune prima della scadenza del termine che ne è oggetto.

La norma, ancora, non quantifica il periodo di proroga che può essere richiesto, che non necessariamente deve coincidere con la durata originaria (5 anni), perché se questo avesse voluto il legislatore, avrebbe fatto meglio ad utilizzare l’espressione “rinnovo”.

Il comune, a sua volta, è facoltizzato e non certo obbligato a concedere (la norma parla di “autorizzare”) la proroga, dovendo valutare la richiesta esercitando la stessa discrezionalità tecnico-amministrativa cui è tenuto nella normale redazione del PI.

In sostanza, il risultato per il cui conseguimento sembra essere stata concepita la disposizione in commento era e resta ancora raggiungibile anche attraverso l’ordinario procedimento di redazione e perfezionamento del “nuovo” PI, apparentemente con due soli elementi differenzianti tra le diverse “soluzioni” in campo:

  • nel caso della proroga di cui al comma 7 bis, l’efficacia delle previsioni di PI che ne costituiscono l’oggetto potrebbe non avere soluzione di continuità con il compiersi del quinquennio di validità del PI[14], mentre per “reinserimento” di tali previsioni nel PI senza ricorrere alla proroga, la nuova formulazione del comma 7 stabilisce che il nuovo PI debba essere adottato entro 180 giorni dalla decadenza, con eventuale ricorso, nel caso di mancato rispetto del termine, ai poteri sostitutivi di cui all’art. 30:
  • nel caso della proroga di cui al comma 7 bis, l’accoglibilità della relativa richiesta è subordinata al versamento del contributo “determinato (ndr.: dal comune) in misura non superiore all’1 per cento del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU”, mentre per il caso di normale “reinserimento” delle previsioni decadute nel nuovo PI né l’art. 18 della l.r. n. 11/2004, né altra disposizione regionale prevedono alcun “prelievo para-fiscale”.

Confermando il giudizio fortemente critico espresso riguardo ad altre formulazioni normative volte ad inserire nella pianificazione urbanistica momenti di fiscalità locale surrettizia, la norma in commento non può che lasciare perplessi, non fosse altro perché non affronta, né tanto meno chiarisce, il suo rapporto (di concorso, oppure di alternatività) con altre, presenti a livello primario statale[15], o di regolamentazione locale[16], che potrebbero astrattamente ritenersi applicabili anche alla fattispecie qui considerata.

Va, inoltre, sottolineato che il pagamento del contributo – determinato in misura non superiore all’1% del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU – non è “una tantum”, bensì va ripetuto entro il 31 dicembre di ogni anno successivo alla decorrenza del termine quinquennale oggetto di proroga. Ritenendo che la proroga possa avere, al più, durata pari al termine originario, ciò significa che potrebbero aversi fino a 5 versamenti del contributo, che in ciascuna soluzione avrà l’ammontare definito dal comune, entro il limite fissato dalla norma in commento.

Il contributo viene finalizzato “ad interventi per la rigenerazione urbana sostenibile e per la demolizione”, quest’ultima riferita, s’immagina, alle opere incongrue e agli elementi di degrado di cui all’art. 36, co. 1, della l.r. n. 11/2004, laddove alla relativa rimozione non provvedano gli aventi titolo a fronte del riconoscimento di un credito edilizio.[17]

Infine, la disposizione in esame stabilisce che “L’omesso o parziale versamento del contributo nei termini prescritti comporta l’immediata decadenza delle previsioni oggetto di proroga e trova applicazione quanto previsto dal comma 7.

Laddove si ritenga che la richiesta di proroga debba essere sempre presentata prima della scadenza del termine da prorogare e che la relativa “autorizzazione” sia subordinata[18] al pagamento del contributo, si pongono, ad avviso di chi scrive, due problemi interpretativi, forieri di immaginabili incertezze operative:

  • nel caso di omesso versamento della prima “soluzione” del contributo, si può realmente parlare di “immediata decadenza”, o ci si trova, piuttosto, di fronte all’ assenza di una condizione cui è subordinata la concedibilità della proroga, mancando la quale la decadenza di perfeziona al compiersi del quinquennio di vigenza del PI?
  • l’esigenza del “previo versamento” si concilia con il termine fisso, indicato dal legislatore nel 31 dicembre di ogni anno, solo immaginando che quest’ultimo trovi applicazione esclusivamente alle corresponsioni del contributo successive alla prima, visto che questa deve precedere la concessione della proroga?

Quanto all’applicazione del comma 7 a fronte dell’omesso o parziale versamento del contributo, essa comporta che il Comune è comunque tenuto – pena il ricorso all’esercizio dei poteri sostitutivi di cui all’art. 30 – a conferire alle aree di trasformazione o espansione interessate dalla proroga venuta meno una specifica disciplina nel Piano degli interventi, la cui procedura di redazione rischia di moltiplicarsi in tanti episodi quanti solo gli aventi titolo in tutto o in parte “morosi” nel versamento del contributo.

Ciascuno di questi episodi, inoltre, dipende dai tempi e dalle modalità nelle quali si concretizza tale “morosità”, con il discutibile esito di lasciare il processo di pianificazione urbanistica comunale in balia di eventi del tutto estranei alla programmazione dell’Ente.

[1] L’unica diversità è ravvisabile con riferimento all’originario ultimo periodo, che recitava “In tali ipotesi, fino ad una nuova disciplina urbanistica, si applica l’articolo 33”, ora sostituito con “in tali ipotesi si applica l’articolo 33 fino ad una nuova disciplina urbanistica delle aree”.

[2] Art. 18 Procedimento di formazione, efficacia e varianti al Piano degli interventi

2 Il piano degli interventi è adottato e approvato dal consiglio comunale. L’adozione del piano è preceduta da forme di consultazione, di partecipazione e di concertazione con altri enti pubblici e associazioni economiche e sociali eventualmente interessati.

  1. Entro otto giorni dall’adozione, il piano è depositato a disposizione del pubblico per trenta giorni consecutivi presso la sede del comune decorsi i quali chiunque può formulare osservazioni entro i successivi trenta giorni. Dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato nell’albo pretorio del comune e su almeno due quotidiani a diffusione locale; il comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
  2. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni il consiglio comunale decide sulle stesse ed approva il piano.
  3. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla provincia ed è depositata presso la sede del comune per la libera consultazione.
  4. Il piano diventa efficace quindici giorni dopo la sua pubblicazione nell’albo pretorio del comune.

[3] Art. 30 – Annullamento dei provvedimenti comunali e poteri sostitutivi

  1. Quando il comune, con riferimento alla formazione o alla variazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non adotti o non compia, entro i termini previsti dalla legge, atti o adempimenti cui è espressamente obbligato, il presidente della provincia esercita i poteri sostitutivi promuovendo d’ufficio, ove possibile, la convocazione dell’organo comunale competente per la deliberazione dell’atto previsto oppure assegnando un termine al comune per il compimento dell’atto o dell’adempimento. Decorso inutilmente il nuovo termine, il presidente della provincia nomina un commissario ad acta. All’atto dell’insediamento il commissario, preliminarmente all’emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se, anteriormente alla data dell’insediamento medesimo, l’amministrazione abbia provveduto ancorché in data successiva al termine assegnato

[4] Art. 33 – Aree non pianificate

  1. Si intendono aree non pianificate quelle per le quali sia intervenuta la decadenza di cui all’articolo 18, comma 7.
  2. Nelle aree non pianificate esterne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi ammessi per la zona agricola limitatamente alla residenza.
  3. Nelle aree non pianificate interne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi di cui alle lettere a), b), c), d), dell’articolo 3 del decreto del presidente della repubblica n. 380 del 2001.

[5] Si veda la precedente nota 3.

[6] Art. 12, comma 1, l.r. n.11/2004. L’art. 13, comma 1, precisa che il PAT è redatto sulla base di previsioni decennali.

[7] Art. 12, comma 2, l.r. n.11/2004.

[8] Art. 14, comma 9, l.r. n.11/2004.

[9] Art. 12, comma 2, l.r. n.11/2004.

[10] Art. 18, comma 7, l.r. n.11/2004, sia nella versione originaria, sia in quella introdotta con l’art. 23 della l.r. n.14/2017.

[11] Nella Regione Veneto il PPA è stato disciplinato dagli artt. 19-21 della l.r. 27 giugno 1985, n. 61.

[12] Sul punto si veda TAR Veneto, Sez. II, 7 aprile 2017, n. 351.

[13] Nel caso dei vincoli preordinati all’esproprio, riconoscendo ai proprietari o altri aventi titolo espropriandi l’indennizzo di cui all’art. 34, comma 4, della l.r. n. 11/2004.

[14] L’uso del condizionale discende dal fatto che se la richiesta di proroga deve essere presentata prima del compiersi del quinquennio, la norma non prescrive affatto che la sua eventuale “autorizzazione” avvenga anch’essa prima della scadenza.

[15] Si pensi, ad esempio, all’art. 16, comma 4 d-ter), del DPR 6 giugno 2001, n. 380, inserito dall’art. 17, comma 1, lett. g), numero 3), del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.

[16] NTO di PI, recanti la disciplina della “perequazione urbanistica”, che configurano obbligazioni a contenuto patrimoniale a carico dei titolari di aree oggetto di pianificazione, sulla base di asseriti plusvalori fondiari loro riconosciuti dalle “nuove” previsioni urbanistiche.

[17] Altra ipotesi potrebbe essere la demolizione di opere abusive, a norma dell’art. 31, comma 5, del DPR 380/2001, qualora non vi abbia provveduto il responsabile dell’abuso.

[18] La disposizione recita “La proroga può essere concessa previo versamento di un contributo”.

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