Commento all’art. 13 l.r. n. 14/2017

di Roberto Travaglini

Art. 13

Disposizioni transitorie

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 12, fino all’emanazione del provvedimento di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a):

a) non è consentito consumo di suolo;

b) non è consentita l’introduzione nei piani territoriali ed urbanistici di nuove previsioni che comportino consumo di suolo.

2. In deroga alla limitazione di cui al comma 1, lettera a), sono consentiti gli interventi negli ambiti inedificati nella misura del 30 per cento della capacità edificatoria complessivamente assegnata dal Piano di assetto del territorio di cui all’articolo 13 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 o, per i comuni che non ne sono ancora dotati, dal Piano regolatore generale e, comunque, non oltre la capacità massima assegnata.

3. I Piani degli interventi (PI) che hanno formalmente avviato la procedura di formazione ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono concludere il procedimento di formazione del piano in deroga alla limitazione di cui al comma 1, lettera b).

4. Sono fatti salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge relativi:

a) ai titoli abilitativi edilizi, comunque denominati, aventi ad oggetto interventi comportanti consumo di suolo;

b) ai piani urbanistici attuativi, comunque denominati, la cui realizzazione comporta consumo di suolo.

5. Per i procedimenti in corso di cui al comma 4 si intendono:

a) nel caso dei titoli abilitativi edilizi, i procedimenti già avviati con la presentazione allo sportello unico della domanda di permesso di costruire ovvero delle comunicazioni o segnalazioni, comunque denominate, relative ai diversi titoli abilitativi, corredate dagli eventuali elaborati richiesti dalla vigente normativa;

b) nel caso dei piani urbanistici attuativi, i procedimenti già avviati con la presentazione al comune della proposta corredata dagli elaborati necessari ai sensi dell’articolo 19, comma 2, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11. Sono comunque fatti salvi i piani urbanistici attuativi per i quali siano già stati approvati gli ambiti di intervento.

6. Sono, altresì, fatti salvi gli accordi tra soggetti pubblici e privati, di cui all’articolo 6 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già stata deliberata dalla giunta o dal consiglio comunale la dichiarazione di interesse pubblico, nonché gli accordi di programma di cui all’articolo 7 della medesima legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, relativamente ai quali entro la medesima data la conferenza decisoria abbia già perfezionato il contenuto dell’accordo.

7. I piani di assetto del territorio (PAT) già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge possono concludere il procedimento di formazione del piano secondo le disposizioni vigenti al momento della loro adozione.

8. Qualora il provvedimento di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), non sia emanato nel termine indicato, la percentuale di cui al comma 2 è incrementata di un ulteriore 20 per cento.

9. Gli ambiti di urbanizzazione consolidata, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), sono individuati con provvedimento della giunta o del consiglio comunale e sono trasmessi in Regione entro il termine previsto dal comma 5 dell’articolo 4. I comuni, in sede di adeguamento della strumento urbanistico generale ai sensi del comma 10 confermano o rettificano detti ambiti.

10. Entro diciotto mesi dalla pubblicazione nel BUR del provvedimento della Giunta regionale di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), i comuni approvano la variante di adeguamento allo strumento urbanistico generale secondo le procedure semplificate di cui all’articolo 14 e, contestualmente alla sua pubblicazione, ne trasmettono copia integrale alla Regione.

11. Trascorsi i termini di cui al comma 10 senza che il comune abbia provveduto, il Presidente della Giunta regionale esercita i poteri sostitutivi secondo le procedure di cui all’articolo 30 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11.

12. Fino a quando i comuni o la Regione non provvedono rispettivamente ai sensi dei commi 10 e 11, continuano ad applicarsi i commi 1, 2, 4, 5, 6 e 8, fermi restando, qualora più restrittivi, i limiti definiti dal provvedimento di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a).

13. Per le finalità di cui agli articoli 5 e 6, i comuni non ancora dotati di PAT possono adottare, in deroga al divieto di cui all’articolo 48, comma 1, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, una variante al piano regolatore generale con la procedura di cui all’articolo 50, commi 6, 7 e 8, della legge regionale 27 giugno 1985, n. 61 “Norme per l’assetto e l’uso del territorio”.

14. Nei comuni non dotati di PAT si applica l’articolo 18, commi 7 e 7 bis, della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, e il termine quinquennale di decadenza decorre dall’entrata in vigore della presente legge.

Sommario: 1. Il comma 12. Il comma 23. Il comma 3 4. Il comma 45. Il comma 56. Il comma 67. Il comma 7 8. Il comma 89. Il comma 910. Il comma 1011. Il comma 1112. Il comma 1213. Il comma 1314. Il comma 14.

1. Il comma 1

L’art. 13 della l.r. n. 14/2017 delinea un complesso regime transitorio riguardo alla disciplina del contenimento del consumo di suolo, cercando di coniugare l’efficacia sin dall’entrata in vigore del provvedimento legislativo di almeno alcune misure di carattere provvisorio, con la tutela di situazioni giuridiche soggettive qualificate dall’aspettativa di poter attuare interventi consentiti dalla vigente strumentazione urbanistica.

Il comma 1 della disposizione in commento, fatto salvo quanto previsto dall’articolo precedente, al cui commento si rinvia, statuisce che dall’entrata in vigore della l.r. n. 14/2017 (ovvero a partire dal 24 giugno 2017) e fino all’emanazione del provvedimento di cui all’art. 4, co. 2, lett. a)[1] – prevista entro 180 giorni (ovvero entro il 21 dicembre 2017)[2]:

  1. non è consentito consumo di suolo, ovvero non sono consentiti interventi qualificabili come fonte di tale consumo ai sensi del combinato disposto della definizione di cui all’art. 2, co. 1, lett. c), letta in combinazione con quelle riportate nelle lett. a), b), d) ed e) della medesima disposizione;
  2. non è consentito introdurre nei piani territoriali, così come in quelli urbanistici, previsioni comportanti consumo di suolo nella medesima accezione sopra richiamata.

Se la disciplina transitoria si limitasse al descritto comma 1, il nuovo provvedimento legislativo regionale avrebbe un’indubbia, quanto univoca, efficacia riguardo al contenimento del consumo di suolo, che verrebbe inibito sia nel caso fosse già previsto dagli strumenti territoriali ed urbanistici vigenti, sia in quanto contenuto di nuove previsioni pianificatorie.

2. Il comma 2

Il richiamato contemperamento tra le esigenze di adeguata efficacia delle misure contenitive del consumo di suolo con quelle di tutela delle situazioni giuridiche soggettive qualificate di quanti sono titolati, in base alla strumentazione urbanistica vigente, a realizzare interventi comportati consumo di suolo, è perseguito a partire dal comma 2 della norma in commento.

Tale comma, con riferimento al medesimo arco temporale considerato dal comma 1[3], consente – pur comportando consumo di suolo – “gli interventi negli ambiti inedificati nella misura del 30 per cento della capacità edificatoria complessivamente assegnata dal Piano di assetto del territorio … o, per i comuni che non ne sono ancora dotati, dal Piano regolatore generale e, comunque, non oltre la capacità massima assegnata”.

Va evidenziato che la disposizione in esame fa in primo luogo riferimento ad una percentuale (30%) della “capacità edificatoria complessivamente assegnata dal Piano di assetto del territorio”, espressione che impone alcune riflessioni interpretative, unitamente ad una considerazione critica quanto alla relativa coerenza sistematica.

Constatato che di “capacità edificatoria” la l.r. n. 11/2004 parla esclusivamente nell’art. 36, relativamente alla compensazione urbanistica[4], si rileva che l’espressione equivalente “potenzialità edificatoria” viene utilizzata dall’art. 7 (Varianti verdi per la riclassificazione delle aree edificabili) della l.r. 16 marzo 2015, n. 4[5].

Come si ricava dalla Circolare 11 febbraio 2016, n. 1, approvata con DGR 2 febbraio 2016, n. 99, recante istruzioni per l’applicazione dell’art. 7 della l.r. n. 4/2015, la potenzialità/capacità edificatoria è entità definita dal PI, tant’è che la c.d. “variante verde” è variante al Piano degli interventi.

Pertanto, quando la norma ora in commento parla di “30 per cento della capacità edificatoria complessivamente assegnata dal Piano di assetto del territorio” non può che riferirsi alla capacità edificatoria che in virtù di tale “assegnazione” operata dal PAT risulta, poi, definita nel PI.

C’è solo da chiedersi perché il legislatore sia ricorso a tale contorsione espressiva (capacità edificatoria assegnata dal PAT) e non abbia, invece, fatto più semplicemente ed univocamente riferimento alla capacità edificatoria prevista (o definita) dal/nel PI.[6]

Ciò detto, ad avviso di scrive la previsione in commento, con il pur comprensibile obiettivo di “graduare” le misure contenitive del consumo di suolo nella prima fase di vigenza del nuovo provvedimento legislativo, assume a riferimento un parametro – la capacità edificatoria – poco pertinente con l’ambito materiale costituito dal consumo di suolo.

Quest’ultimo si “combatte”, o quanto meno si “contiene”, non tanto limitando la capacità edificatoria, quanto il suolo naturale e seminaturale consumabile.

In sostanza, il legislatore avrebbe fatto meglio – risultando più coerente con l’intera finalità del Capo I della l.r. n. 14/2017 – se avesse riferito la percentuale (30%) alla superficie agricola trasformabile prevista dal PI vigente[7] e che potrebbe corrispondere a tutta, o solo ad una parte, della SAT contemplata nel PAT[8].

La norma si occupa anche dei Comuni privi del PAT, prescrivendo che la percentuale (30%) sia riferita al vigente PRG.

Oscura, almeno per chi scrive, appare la condizione “di chiusura”, secondo cui, ferma restando la percentuale (30%) riferita alla “capacità edificatoria complessivamente assegnata” dal PAT o, in sua assenza, dal PRG, gli interventi negli ambiti inedificati sono consentiti “non oltre la capacità massima assegnata”.

Se quest’ultima è l’entità di cui calcolare il relativo 30%, non si capisce come questo limite possa concorrere (la norma usa l’espressione “e, comunque”) con l’entità complessiva (che ne è il 100%)!

Infine, anche l’espressione “ambiti inedificati” non appare di agevole interpretazione, atteso che non se ne rinviene la presenza né all’interno della l.r. n. 11/2004, né tra le definizioni riportate nell’art. 2 della l.r. n. 17/2016.

3. Il comma 3

La disposizione, introdotta con un emendamento al testo licenziato dalla II^ Commissione consiliare, deroga al divieto di introdurre negli strumenti urbanistici, a far data dal 24 giugno 2017, nuove previsioni comportanti consumo di suolo, consentendo la conclusione del procedimento formativo a quei PI che l’abbiano formalmente avviato a tale data.

Per considerare avviata la procedura di formazione del PI la norma in commento richiama l’art. 18, co. 1, della l.r. n. 11/2004, in base al quale “Il sindaco predispone un documento in cui sono evidenziati, secondo le priorità, le trasformazioni urbanistiche, gli interventi, le opere pubbliche da realizzarsi nonché gli effetti attesi e lo illustra presso la sede del comune nel corso di un apposito consiglio comunale”.

Pur in assenza di ulteriori precisazioni sul punto, si ritiene che per il concretizzarsi della fattispecie in esame sia necessario lo svolgimento della seduta consiliare nel corso della quale il sindaco abbia illustrato il documento “programmatico”.

4. Il comma 4

Il comma in rubrica fa salvi i procedimenti relativi alla formazione, perfezionamento ed efficacia dei titoli edilizi (permessi di costruire, segnalazioni certificate di inizio attività, comunicazioni di inizio lavori asseverate, comunicazioni di inizio lavori) e dei piani urbanistici attuativi che abbiano già avuto inizio (e quindi risultino in corso) alla data di entrata in vigore della l.r. n. 14/2017 (ovvero al 24 giugno 2017), ancorché riguardino interventi comportanti, a norma dell’art. 2, co. 1, lett. c), consumo di suolo.

5. Il comma 5

La disposizione indica gli elementi costitutivi delle fattispecie indicate al comma precedente, chiarendo che nel caso dei titoli edilizi diretti il relativo procedimento si deve considerare in corso “con la presentazione allo sportello unico della domanda di permesso di costruire ovvero delle comunicazioni o segnalazioni, comunque denominate, relative ai diversi titoli abilitativi, corredate dagli eventuali elaborati richiesti dalla vigente normativa[9], mentre nel caso di piani urbanistici attuativi il relativo procedimento dev’essere ritenuto in corso “con la presentazione al comune della proposta corredata dagli elaborati necessari ai sensi dell’articolo 19, comma 2”, della l.r. n. 11/2004[10].

Con un’aggiunta introdotta dal Consiglio regionale in occasione dell’approvazione finale del provvedimento, il comma in esame si completa con un ulteriore periodo che recita “Sono comunque fatti salvi i piani urbanistici attuativi per i quali siano già stati approvati gli ambiti di intervento”.

Si tratta di una disposizione che lascia alquanto perplessi, sol che si consideri il disposto dell’art. 17, co. 2, della l.r. n. 11/2004, finalizzato a disciplinare i contenuti del PI, secondo cui “Il PI in coerenza e in attuazione del piano di assetto del territorio (PAT) sulla base del quadro conoscitivo aggiornato provvede a: …. b) individuare le aree in cui gli interventi sono subordinati alla predisposizione di PUA o di comparti urbanistici e dettare criteri e limiti per la modifica dei perimetri da parte dei PUA …”.

Orbene, se non è revocabile in dubbio che la norma testé riprodotta demanda al PI l’individuazione delle aree (ovvero degli ambiti) per intervenire nelle quali è necessario il previo strumento urbanistico attuativo, c’è da chiedersi in che cosa di ulteriore, rispetto all’approvazione del PI recante la predetta individuazione, si traduca l’approvazione degli ambiti di intervento di cui parla il secondo periodo dell’art. 13, co. 5, della l.r. n. 14/2017.

Non essendo in grado di fornire una risposta a tale domanda – perché la vigente disciplina in materia non sembra offrirne alcuna – la conseguenza di questo inopinato emendamento approvato dal Consiglio regionale sembrerebbe, ad una prima lettura, comportare la “salvezza” di tutti i PUA, sebbene non ancora avviati nel relativo procedimento di formazione (ai sensi del primo periodo dello stesso comma 5), in quanto comunque definiti dal PI nei rispettivi ambiti d’intervento.

Effetto paradossale, che minerebbe alla radice ogni coerenza logica del provvedimento legislativo in esame, e che impone, pertanto – oltre ad una “cautelare” neutralizzazione sul piano applicativo – un tempestivo chiarimento, quanto meno in via interpretativa, ancorché la formulazione letterale della norma raccomandi un intervento correttivo da parte dello stesso legislatore.

6. Il comma 6

In questo ulteriore comma, la l.r. n. 14/2017 si preoccupa di “fare salvi”, ovvero di non vanificare, due peculiari tipologie di accordi – quelli pubblico-privati dell’art. 6[11] della l.r. n. 11/2004 e quelli pubblico-pubblico dell’art. 7[12] della medesima legge regionale sul governo del territorio – finalizzati a definire contenuti della pianificazione urbanistica generale, ma non ancora tradottisi in interventi per i quali sia stato almeno avviato il procedimento avente ad oggetto il perfezionamento del corrispondente titolo edilizio o del piano urbanistico attuativo (nel caso degli accordi ex art. 6), oppure il programma avente ad oggetto l’intervento, l’opera pubblica o di interesse pubblico (nel caso degli accordi di programma ex art. 7).

Relativamente agli accordi pubblico-privati, va evidenziato come, nel corso dell’approvazione definitiva del testo legislativo, le parole “già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge” – presenti nel testo approvato dalla II^ Commissione consiliare – siano state sostituite con “per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia già stata deliberata dalla giunta o dal consiglio comunale la dichiarazione di interesse pubblico”.

La descritta modifica introduce nella fattispecie procedimentale disciplinata dall’art. 6 della l.r. n. 11/2004 un elemento – la dichiarazione di pubblico interesse dell’accordo – che la norma da ultimo richiamata non identifica, limitandosi a stabilire che le proposte di progetti e le iniziative oggetto dell’accordo debbono essere “di rilevante interesse pubblico”.

È, pur tuttavia, prassi diffusa e condivisa che nell’iter formativo dell’accordo pubblico-privato – accordo, a sua volta di natura endoprocedimentale rispetto al procedimento di formazione dello strumento urbanistico – si abbia un passaggio deliberativo attestante la sussistenza di quell’interesse pubblico prevalente, richiesto dalla disposizione legislativa a fondamento della legittimità dell’accordo medesimo.

Si tratta dell’accertamento e della conseguente attestazione di sussistenza di un presupposto legale dell’accordo, che ne precede la sottoscrizione, a sua volta prodromica all’adozione del piano al quale accede e del quale costituisce parte integrante ex art. 6, co. 3, della l.r. n. 11/2004[13].

Ne consegue che la modifica introdotta in sede di approvazione finale della l.r. n. 14/2017 ha esteso la portata “derogatoria” della fattispecie in commento, facendo salvi non soltanto gli accordi già sottoscritti alla data del 24 giugno 2017, ma anche quelli che, pur non essendolo, sono già stati oggetto, alla medesima data, di una dichiarazione di pubblico interesse.

Quanto all’organo comunale competente a dichiarare il pubblico interesse dell’accordo, la norma in commento menziona alternativamente la giunta ed il consiglio comunale, anche se un’adeguata tecnica legislativa avrebbe dovuto portare all’individuazione di un solo organo, in base al riparto di competenze desumibile dal combinato disposto degli artt. 42 e 48 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL). Considerato che la materia dei piani urbanistici[14] è attribuita al Consiglio comunale, si è propensi a ritenere che quest’ultimo avrebbe dovuto essere l’unico organo cui riservare la dichiarazione di pubblico interesse degli accordi ex art. 6 della l.r. n. 11/2004.

Quanto agli accordi di programma di cui al successivo art. 7 della legge regionale sul governo del territorio, la norma in commento fa salvi -sottraendoli alla disciplina transitoria di contenimento del consumo di suolo – quelli che al 24 giugno 2017 abbiano già registrato il perfezionamento dei contenuti dell’accordo nella conferenza decisoria (il riferimento implicito è alla fase procedimentale contemplata nell’art. 7, co. 4, della l.r. n. 11/2004).

7. Il comma 7

Anche la disposizione in rubrica costituisce il frutto dell’accoglimento di un emendamento presentato in occasione della votazione finale del provvedimento legislativo in commento.

In esito ad essa il PAT già adottati alla data del 24 giugno 2017 possono concludere il relativo iter formativo – e quindi giungere alla definitiva approvazione – sulla base della disciplina vigente al momento dell’adozione.

Questo significa che non vengono “condizionati” dalle misure “contenitive” del consumo di suolo dettate dal comma 1, lett. b), dell’art. 13 della l.r. n. 14/2017.

Va da sé, peraltro, che la traduzione operativa delle previsioni strutturali del PAT dovrà, al contrario, confrontarsi con la disciplina configurata nella l.r. n. 14/2017, sia in ordine ai contenuti del PRG divenuto PI ai sensi dell’art. 48, co. 5 bis, della l.r. n. 11/2004, sia in relazione ad un “nuovo” PI.

8. Il comma 8

Il comma stabilisce che laddove il provvedimento di Giunta – chiamato a fissare la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale e la relativa ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei – entro il 21 dicembre 2017 (180 giorni dall’entrata in vigore della l.r. n. 14/2017), termine prorogabile di ulteriori 60 giorni (e quindi fino al 19 febbraio 2018) a fronte della richiesta di parere prevista dall’art. 4, co. 4, la percentuale fissata dall’art. 13, co. 2 (“30 per cento della capacità edificatoria complessivamente assegnata dal Piano di assetto del territorio di cui all’articolo 13 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 o, per i comuni che non ne sono ancora dotati, dal Piano regolatore generale”) è incrementata di un ulteriore 20 per cento.

Si rinvia al commento del comma 2 per le considerazioni concernenti la portata “derogatoria” che caratterizza entrambi i commi e sul discutibile riferimento al parametro della capacità edificatoria.

9. Il comma 9

Anche questo comma è frutto dell’accoglimento di un emendamento in sede di votazione finale del nuovo testo legislativo.

Viene configurato l’obbligo a carico di ciascun Comune – anche qui con alternativa competenza in capo alla giunta o al consiglio comunale[15] – di individuare con apposito provvedimento “Gli ambiti di urbanizzazione consolidata, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e)” e di renderli noti alla Regione unitamente alle informazioni territoriali da inserire nella scheda informativa che la Regione trasmette ai Comuni entro il 27 giugno 2017 e che deve essere restituita alla Regione entro i successivi 60 giorni (quindi, al massimo entro il 25 agosto 2017).

Tale incombenza si rende necessaria in quanto, nella definizione degli “ambiti di urbanizzazione consolidata” di cui all’art. 2, co. 1, lett. e) della l.r. n. 14/2017, vengono considerate appartenervi anche le “parti del territorio oggetto di un piano urbanistico approvato”, con ciò discostandosi da quanto indicato nell’Atto di indirizzo di cui all’art. 50, co. 1, lett. f) (“contenuti essenziali del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche del piano di assetto del territorio e del piano degli interventi”) della l.r. n. 11/2004, approvato con DGR n. 3811, del 9 dicembre 2009.

Quest’ultimo, infatti, considera “aree di urbanizzazione consolidata”, oltre alle zone di completamento e alle aree destinate a servizi (zone F), anche gli “gli ambiti di piano attuativo con la relativa convenzione già stipulata”, mentre nella definizione contenuta nella l.r. n. 14/2017 il riferimento è al “piano urbanistico approvato”.

Visto che l’approvazione del PUA costituisce una fase cronologicamente e proceduralmente antecedente a quella del convenzionamento, ciò comporta – come evidenziato anche nel commento al precedente art. 2 – che sono affrancate dal regime di contenimento del suolo anche quelle aree di trasformazione soggette a PUA che, sebbene non ancora convenzionate, e quindi non identificate nel PAT come “aree di urbanizzazione consolidata” a norma dell’art. 13, co. 1, lett. o), della l.r. n. 11/2004, costituiscono “ambiti di urbanizzazione consolidata” ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. e), della l.r. n. 14/2017, in quanto oggetto di PUA già approvato.

Di questa, certamente non apprezzabile dicotomia, si è del resto reso conto lo stesso legislatore, laddove, in chiusura della più volte ricordata definizione di “ambiti di urbanizzazione consolidata”, si è visto costretto a precisare che gli stessi “non coincidono necessariamente con quelli individuati dal piano di assetto del territorio (PAT) ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera o), della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11”.

Di qui, per l’appunto, l’esigenza di farne oggetto di apposita individuazione e conseguente trasmissione informativa alla Regione, nel quadro della raccolta dati propedeutica al provvedimento di competenza della Giunta regionale e finalizzato a definire la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale e la sua ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei.

Infine, proprio in considerazione del fatto che le due entità – le aree di urbanizzazione consolidata indicate nel PAT e gli ambiti di urbanizzazione consolidata individuati a norma della l. r. n. 14/2017 – possono non coincidere, l’art. 13, co. 9 stabilisce che i Comuni “in sede di adeguamento dello strumento urbanistico generale ai sensi del comma 10 confermano o rettificano detti ambiti”.

10. Il comma 10

La disposizione in rubrica fissa in 18 mesi dalla pubblicazione sul BUR del provvedimento con il quale la Giunta regionale determina la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale e la relativa ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei, il termine entro il quali i singoli Comuni sono chiamati ad approvare la variante di adeguamento allo strumento urbanistico generale utilizzando le procedure semplificate di cui al successivo art. 14, al cui commento si rinvia.

Ricostruendo la tempistica assegnata alla Giunta, il termine dato ai Comuni potrebbe giungere a compimento tra il 19 giugno 2019 e il 19 agosto 2019 (18 mesi dopo il 21 dicembre 2017, ovvero dopo il 19 febbraio 2018).

11. Il comma 11

La norma definisce le conseguenze del mancato rispetto, da parte dei comuni, del termine fissato nel comma precedente, stabilendo che “il Presidente della Giunta regionale esercita i poteri sostitutivi secondo le procedure di cui all’articolo 30 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11”, poteri sostitutivi disciplinati dai commi 6 e seguenti di tale disposizione.[16].

12. Il comma 12

La disposizione stabilisce che nell’attesa delle varianti di adeguamento operate dai Comuni spontaneamente ai sensi del comma 10, ovvero a seguito dell’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Presidente della Giunta regionale ai sensi del comma 11, continuano a trovare applicazione i commi 1, 2, 4, 5, 6 e 8, al cui commento si rinvia, “fermi restando, qualora più restrittivi, i limiti definiti dal provvedimento di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a)[17].

13. Il comma 13

La disposizione in rubrica consente ai Comuni ancora privi di PAT di adottare, in deroga al divieto sancito dall’art. 48, co. 1, della l.r. n. 11/2004, una variante al PRG, utilizzando la procedura “semplificata” di cui all’art. 50, commi 6, 7 e 8, della l.r. 27 giugno 1986, n. 61[18].

14. Il comma 14

L’ultimo comma dell’art. 13 della l.r. n. 14/2017 introduce una disposizione chiaramente finalizzata a spronare i Comuni ancor privi di PAT a dotarsene.

In primo luogo, viene innovativamente estesa anche ai PRG costituenti l’unico strumento urbanistico generale del quali tali Comuni sono dotati, la disciplina dettata dal comma 7 dell’art. 18 della l.r. n. 11/2004, nel testo riformulato dall’art. 23 della l.r. n. 14/2017, che con riferimento ai PI prevede che “Decorsi cinque anni dall’entrata in vigore del piano decadono le previsioni relative alle aree di trasformazione o espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, a nuove infrastrutture e ad aree per servizi per le quali non siano stati approvati i relativi progetti esecutivi, nonché i vincoli preordinati all’esproprio di cui all’articolo 34. In tali ipotesi si applica l’articolo 33 fino ad una nuova disciplina urbanistica delle aree, da adottarsi entro il termine di centottanta giorni dalla decadenza, con le procedure previste dai commi da 2 a 6; decorso inutilmente tale termine, si procede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 30”[19].

Ne consegue che, diversamente da quanto contemplato dalla disciplina tradizionale dei PRG contenuta nella l.r. n. 61/1985 e risultante dal superamento dello strumento di coordinamento temporale costituito dai PPA[20] – anche le previsioni contenute nei PRG, relative alle aree di trasformazione o di espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, a nuove infrastrutture e ad aree per servizi per le quali non siano stati approvati i relativi progetti esecutivi, nonché i vincoli preordinati all’esproprio, decadono decorsi 5 anni.

Ovviamente, quest’ultimo termine non viene fatto decorrere dall’originario acquisto di efficacia del PRG, bensì dal 24 giugno 2017, data di entrata in vigore della l.r. n. 14/2017.

Il comma in esame estende ai PRG tuttora efficaci nei Comuni ancora privi del PAT anche la disposizione di cui all’art. 18, co. 7 bis, della l.r. n. 11/2004, introdotto dal già citato art. 23 della l.r. n. 14/2017.

Anche a tali fattispecie – e, quindi, con riferimento al PRG, anziché al PI – vale la regola secondo cui “Per le previsioni relative alle aree di espansione soggette a strumenti attuativi non approvati, gli aventi titolo possono richiedere al comune la proroga del termine quinquennale. La proroga può essere autorizzata previo versamento di un contributo determinato in misura non superiore all’1 per cento del valore delle aree considerato ai fini dell’applicazione dell’IMU. Detto contributo è corrisposto al comune entro il 31 dicembre di ogni anno successivo alla decorrenza del termine quinquennale ed è destinato ad interventi per la rigenerazione urbana sostenibile e per la demolizione. L’omesso o parziale versamento del contributo nei termini prescritti comporta l’immediata decadenza delle previsioni oggetto di proroga e trova applicazione quanto previsto dal comma 7.

 

[1] Con il quale la Giunta regionale è chiamata a stabilire “la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale … e la sua ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei”.

[2] Invero, sempre l’art. 4, ai commi 3 e 4, stabilisce che “3. Il provvedimento di cui al comma 2, lettera a), è adottato dalla Giunta regionale sentito il Consiglio delle autonomie locali (CAL) di cui all’articolo 16 dello Statuto; fino all’istituzione del CAL, tale parere è espresso dalla Conferenza Regione-Autonomie locali di cui all’articolo 12 della legge regionale 3 giugno 1997, n. 20 “Riordino delle funzioni amministrative e principi in materia di attribuzione e di delega agli enti locali.

  1. Il decorso del termine di centottanta giorni di cui al comma 2 è sospeso per l’acquisizione dei pareri della competente commissione consiliare e del CAL di cui al comma 3, entrambi da rendersi entro sessanta giorni dal ricevimento della proposta di provvedimento della Giunta regionale, decorsi i quali si prescinde dai pareri”.

Ne consegue che il termine di 180 giorni, fissato dal comma 2, può protrarsi “fisiologicamente” fino a 240 giorni (ovvero fino al 19 febbraio 2018).

[3] Dall’entrata in vigore della l.r. n.14/2017 fino all’emanazione del provvedimento della Giunta regionale di cui all’art. 4, comma 2, lett. a), ovvero dal 24 giugno al 21 dicembre 2017, con “fisiologica” protrazione al 19 febbraio 2018.

[4]Con le procedure di cui agli articoli 7, 20 e 21 sono consentite compensazioni che permettano ai proprietari di aree ed edifici oggetto di vincolo preordinato all’esproprio di recuperare adeguata capacità edificatoria, anche nella forma del credito edilizio di cui all’articolo 36, su altre aree e/o edifici, anche di proprietà pubblica, previa cessione all’amministrazione dell’area oggetto di vincolo”.

[5] Il comma 1 dell’art. 7 così recita “Entro il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, e successivamente entro il 31 gennaio di ogni anno, i comuni pubblicano nell’albo pretorio, anche con modalità on-line, ai sensi dell’articolo 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” , un avviso con il quale invitano gli aventi titolo, che abbiano interesse, a presentare entro i successivi sessanta giorni la richiesta di riclassificazione di aree edificabili, affinché siano private della potenzialità edificatoria loro riconosciuta dallo strumento urbanistico vigente e siano rese inedificabili”.

[6] Non ci sembra, invece, avere fondamento altra interpretazione della disposizione ora in esame, che fa riferimento al “limite quantitativo massimo della zona agricola trasformabile in zone con destinazione diversa da quella agricola, avendo riguardo al rapporto tra la superficie agricola utilizzata (SAU) e la superficie territoriale comunale (STC)”, costituente uno dei contenuti del PAT, previsto dall’art. 13, lett. f), della l.r. n.11/2004 e per la cui traduzione applicativa è stato adottato dalla Giunta regionale, da ultimo, l’Atto di indirizzo approvato con DGR 25 novembre 2008, n. 3650. Infatti, non avendo le previsioni del PAT carattere conformativo del regime dei suoli, l’edificabilità (ovvero la capacità/potenzialità edificatoria) non può che discendere dal successivo PI.

[7] Il carattere transitorio della disposizione, destinata a trovare applicazione prima della variante di adeguamento dello strumento urbanistico comunale alla quantità definita per ambiti comunali o sovracomunali omogenei dalla Giunta regionale a norma dell’art. 4, comma 2, lett. a), consiglia di non rapportare la percentuale (30%) ad un elemento materiale, il consumo di suolo, la cui quantificazione, comune per comune, sarà frutto dell’attività di analisi disciplinata dall’art. 4, comma 5.

[8] A quest’ultimo dato sembra riferirsi la Scheda informativa costituente l’allegato A della l.r. n.14/2017, laddove impiega, ad avviso di chi scrive in modo improprio, la nozione di “Capacità edificatoria prevista dallo strumento urbanistico comunale vigente”, peraltro riferendola alla “Superficie territoriale” e differenziandola tra quella totale prevista dal PAT e quella già trasformata o interessata da procedimenti in corso, che non possono che porsi “a valle” del PI.

[9] Per quanto attiene alla documentazione/elaborati richiesti è opportuno fare riferimento ai moduli unificati, coma da ultimo approvati dalla Conferenza unificata il 4 maggio 2017, con Accordo tra Governo, Regioni ed Enti locali, pubblicato unitamente ai moduli di istanza di permesso di costruire, di SCIA alternativa al permesso di costruire, di SCIA, di CILA e di CIL, nel Supplemento ordinario n. 26 della Gazzetta Ufficiale n. 128, del 5 giugno 2017.

All’atto della predisposizione del presente commento, gli ultimi moduli unificati approvati dalla Regione Veneto sono quelli oggetto del Decreto del Direttore della Direzione della Pianificazione territoriale n. 97, del 31 dicembre 2016, pubblicato sul BUR n. 9, del 20 gennaio 2017.

Gli adeguamenti da parte delle Regioni ai moduli statali sopra menzionati debbono avvenire entro il 20 giugno 2017, mentre i Comuni sono tenuti ad adeguarli a loro volta entro il 30 giugno 2017.

[10] La disposizione recita “In funzione degli specifici contenuti, il piano urbanistico attuativo è formato dagli elaborati necessari individuati tra quelli di seguito elencati:

  1. a) l’estratto del piano di assetto del territorio e del piano degli interventi nonché, qualora attinenti alle tematiche svolte, gli estratti di altri strumenti di pianificazione;
  2. b) la cartografia dello stato di fatto riportante il perimetro dell’intervento;
  3. c) la planimetria delle infrastrutture a rete esistenti;
  4. d) la verifica di compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica dell’intervento;
  5. e) i vincoli gravanti sull’area;
  6. f) l’estratto catastale e l’elenco delle proprietà;
  7. g) il progetto planivolumetrico e l’eventuale individuazione dei comparti;
  8. h) l’individuazione delle aree da cedere o vincolare;
  9. i) lo schema delle opere di urbanizzazione e delle infrastrutture a rete;
  10. j) la relazione illustrativa che, nel caso dei programmi integrati, precisa la rappresentazione del programma in termini economico-sintetici con particolare riguardo ai benefici derivanti ai soggetti pubblici e agli altri soggetti attuatori, nonché il piano finanziario di attuazione;
  11. k) le norme di attuazione;
  12. l) il prontuario per la mitigazione ambientale;
  13. m) la convenzione o gli atti unilaterali d’obbligo;
  14. n) il capitolato e il preventivo sommario di spesa.
[11] Art. 6 – Accordi tra soggetti pubblici e privati.

1.   I comuni, le province e la Regione, nei limiti delle competenze di cui alla presente legge, possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti ed iniziative di rilevante interesse pubblico.

2.Gli accordi di cui al comma 1 sono finalizzati alla determinazione di alcune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nel rispetto della legislazione e della pianificazione sovraordinata, senza pregiudizio dei diritti dei terzi.

3.L’accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L’accordo è recepito con il provvedimento di adozione dello strumento di pianificazione ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato.

4.Per quanto non disciplinato dalla presente legge, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 11, commi 2 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e successive modificazioni.”

[12] Art. 7 – Accordo di programma.

1.   Per la definizione e la realizzazione di programmi d’intervento o di opere pubbliche o di interesse pubblico, che richiedono l’azione integrata e coordinata di comuni, province, Regione, amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici o privati, può essere promossa la conclusione di accordi di programma ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali” e successive modificazioni. I rapporti con i privati sono disciplinati da un atto unilaterale d’obbligo o da una convenzione da allegare all’accordo di programma.

  1. Qualora l’accordo di programma comporti varianti agli strumenti urbanistici, lo stesso è approvato ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni, come specificato e integrato da quanto previsto dai commi 3, 4, 5, 6 e 7.
  2. Verificata la possibilità di un consenso unanime dei soggetti interessati in sede di conferenza di servizi, la proposta di accordo di programma, entro i cinque giorni successivi, è depositata presso la segreteria del comune per dieci giorni. Dell’avvenuto deposito è dato avviso sull’albo pretorio del comune e della provincia interessati e mediante affissione di manifesti. Fino a venti giorni dopo la scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni.
  3. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, il comune provvede all’istruttoria delle osservazioni e convoca tutte le amministrazioni e i soggetti pubblici interessati che si esprimono definitivamente sull’accordo, anche sulla base delle osservazioni presentate.
  4. L’accordo di programma è sottoscritto dai rappresentanti delle amministrazioni e dai soggetti pubblici che partecipano all’accordo. Ove l’accordo di programma comporti variante al piano di assetto del territorio (PAT), è necessaria l’adesione della provincia e l’accordo è approvato dal presidente della provincia. Ove comporti variante al piano degli interventi (PI), l’accordo è approvato dal sindaco.
  5. L’adesione del sindaco deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di programma a pena di decadenza. L’accordo di programma acquista efficacia trascorsi quindici giorni dalla sua pubblicazione:
  6. a) nell’albo pretorio del comune qualora comporti varianti al piano degli interventi (PI);
  7. b) nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto (BUR) qualora comporti varianti al piano di assetto del territorio (PAT).
  8. Qualora l’accordo di programma non venga realizzato nei termini previsti l’eventuale variante urbanistica decade”.

[13] Per certi versi, si può affermare che la dichiarazione di pubblico interesse introdotta dalla norma in commento segue il modello ed assolve alla medesima funzione attribuita nel previgente Codice dei contratti pubblici ad analoga dichiarazione dell’amministrazione aggiudicatrice nei confronti di proposte oggetto di finanza di progetto (art. 153, commi 16 e 19, del D. Lgs. 163/2006), ricevute in relazione ad interventi non inseriti negli strumenti di programmazione dell’amministrazione, ovvero, nel caso di inserimento nell’elenco annuale, non fatti oggetto di specifico bando entro 6 mesi da tale inserimento. Peraltro, nel nuovo Codice dei contratti pubblici la corrispondente disposizione (art. 183, comma 15, del D. Lgs. 50/2016) non prevede più la formale valutazione del “pubblico interesse” della proposta di intervento.

[14] Quanto meno della pianificazione urbanistica generale, atteso che la sopravvenuta legislazione statale ha attributo alla Giunta comunale la competenza approvativa dei PUA (art. 5, comma 13, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106).

[15] Si richiamano in proposito le considerazioni sviluppate in commento al precedente comma 6.

[16] Art. 30 – Annullamento dei provvedimenti comunali e poteri sostitutivi.

6.   Quando il comune, con riferimento alla formazione o alla variazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non adotti o non compia, entro i termini previsti dalla legge, atti o adempimenti cui è espressamente obbligato, il presidente della provincia esercita i poteri sostitutivi promuovendo d’ufficio, ove possibile, la convocazione dell’organo comunale competente per la deliberazione dell’atto previsto oppure assegnando un termine al comune per il compimento dell’atto o dell’adempimento. Decorso inutilmente il nuovo termine, il presidente della provincia nomina un commissario ad acta. All’atto dell’insediamento il commissario, preliminarmente all’emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se, anteriormente alla data dell’insediamento medesimo, l’amministrazione abbia provveduto ancorché in data successiva al termine assegnato.

  1. Quando la provincia, nella formazione, adozione o variazione degli strumenti territoriali non adotti o non compia, entro i termini previsti, tutti gli atti o adempimenti cui è tenuta, il Presidente della giunta regionale, esercita il potere sostitutivo secondo la disciplina prevista dal comma 6.
  2. Il Presidente della Giunta regionale, nei casi di particolare gravità e previa notifica di un nuovo termine al comune e alla provincia, nomina un commissario ad acta per il compimento dell’atto o dell’adempimento previsto a seguito dell’inerzia della provincia nell’esercizio dei propri poteri sostitutivi nei confronti del comune.
  3. L’ente nei cui confronti è nominato il commissario ad acta assume tutte le spese inerenti all’espletamento dell’incarico conferito al commissario, ivi comprese quelle relative alla difesa processuale degli atti adottati, in quanto all’ente medesimo imputabili.
  4. Qualora il comune nel procedimento di formazione o di variazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non possa deliberare su piani urbanistici in presenza delle condizioni che comportino l’obbligo di astensione previsto dall’articolo 78 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni, il Difensore civico regionale, su istanza del comune interessato, se ritiene sussistano ragioni di interesse pubblico, può nominare un commissario ad acta per adottare il provvedimento in via sostitutiva.

[17] Si tratta del provvedimento con cui la Giunta regionale determina la quantità massima di consumo di suolo ammesso nel territorio regionale e la relativa ripartizione per ambiti comunali o sovracomunali omogenei

[18]Art. 50 (Varianti parziali)

6. Le varianti parziali di cui al comma 4 sono adottate dal consiglio comunale ed entro cinque giorni sono depositate a disposizione del pubblico per dieci giorni presso la segreteria del comune e della provincia; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all’albo del comune e della provincia e mediante l’affissione di manifesti, nonché attraverso altre eventuali forme di pubblicità deliberate dal comune. Nei successivi venti giorni chiunque può presentare osservazioni alla variante adottata.

  1. Il consiglio comunale entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito per la presentazione delle osservazioni, approva la variante apportando le eventuali modifiche conseguenti all’accoglimento delle osservazioni pertinenti e la trasmette alla Regione per la pubblicazione.
  2. La variante approvata viene inviata alla struttura regionale competente e acquista efficacia trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del comune interessato”.

[19]Art. 33 – Aree non pianificate

1. Si intendono aree non pianificate quelle per le quali sia intervenuta la decadenza di cui all’articolo 18, comma 7.

  1. Nelle aree non pianificate esterne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi ammessi per la zona agricola limitatamente alla residenza.
  2. Nelle aree non pianificate interne al perimetro dei centri abitati, fino alla approvazione di un nuovo piano degli interventi o di una sua variante che le riguardi, sono consentiti i soli interventi di cui alle lettere a), b), c), d), dell’articolo 3 del decreto del presidente della repubblica n. 380 del 2001”.

[20] Ex art. 13 della legge 27 gennaio 1977, n. 10; art. 17, comma 1, lett. b), e artt. 19-21 della l.r.27 giugno 1985, n. 61, abrogati dall’art. 49, comma 1, lett. e), della l.r. n.11/2004.

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