Commento all’art. 3 l.r. n. 14/2017

di Livio Viel e Anna Za

Art. 3

Obiettivi e finalità

1. La Regione in attuazione dei principi di cui all’articolo 1:

a) promuove la collaborazione con le autonomie locali e gli altri enti pubblici titolari di competenze afferenti la materia di cui al presente Capo;

b) stabilisce criteri, indirizzi, metodi e contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica per programmare, limitare e controllare l’uso del suolo a fini insediativi ed infrastrutturali, per tutelare e valorizzare il territorio aperto e per promuovere la riqualificazione e la rigenerazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata;

c) disciplina l’acquisizione, l’elaborazione, la condivisione e l’aggiornamento di tutti i dati utili per il buon governo del territorio regionale, anche promuovendo la più ampia collaborazione con l’agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, istituita con legge regionale 18 ottobre 1996, n. 32 “Norme per l’istituzione ed il funzionamento dell’agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ARPAV)” e con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), istituito con decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito, con modificazione, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

d) propone iniziative volte a promuovere concorsi di idee, reperire risorse finanziarie e favorire accordi tra soggetti pubblici e privati, al fine di assumere nella pianificazione proposte di riqualificazione e rigenerazione urbana sostenibile di rilevante interesse pubblico e di supportare l’iniziativa privata, orientandola verso obiettivi di interesse anche pubblico in tempi prevedibili e certi, rafforzando la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa.

2. La pianificazione territoriale e urbanistica privilegia gli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia all’interno degli ambiti di urbanizzazione consolidata che non comportano consumo di suolo, con l’obiettivo della riqualificazione e rigenerazione, sia a livello urbanistico-edilizio che economico-sociale, del patrimonio edilizio esistente, degli spazi aperti e delle relative opere di urbanizzazione, assicurando adeguati standard urbanistici, nonché il recupero delle parti del territorio in condizioni di degrado edilizio, urbanistico e socio-economico, o in stato di abbandono, sotto utilizzate o utilizzate impropriamente.

3. Sono obiettivi delle politiche territoriali ed, in particolare, degli strumenti di pianificazione:

a) ridurre progressivamente il consumo di suolo non ancora urbanizzato per usi insediativi e infrastrutturali, in coerenza con l’obiettivo europeo di azzerarlo entro il 2050;

b) individuare le funzioni eco-sistemiche dei suoli e le parti di territorio dove orientare azioni per il ripristino della naturalità, anche in ambito urbano e periurbano;

c) promuovere e favorire l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili, recuperando e valorizzando il terreno agricolo, anche in ambito urbano e periurbano;

d) individuare le parti di territorio a pericolosità idraulica e geologica, incentivandone la messa in sicurezza secondo il principio di invarianza idraulica e valutandone, ove necessario, il potenziamento idraulico e favorendo la demolizione dei manufatti che vi insistono, con restituzione del sedime e delle pertinenze a superficie naturale e, ove possibile, agli usi agricoli e forestali; nonché disciplinando l’eventuale riutilizzo, totale o parziale, della volumetria o della superficie, dei manufatti demoliti negli ambiti di urbanizzazione consolidata o in aree allo scopo individuate nel Piano degli interventi (PI), mediante riconoscimento di crediti edilizi o altre misure agevolative;

e) valutare gli effetti degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia sulla salubrità dell’ambiente, con particolare riferimento alla qualità dell’aria, e sul paesaggio, inteso anche quale elemento identitario delle comunità locali;

f) incentivare il recupero, il riuso, la riqualificazione e la valorizzazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, favorendo usi appropriati e flessibili degli edifici e degli spazi pubblici e privati, nonché promuovendo la qualità urbana ed architettonica ed, in particolare, la rigenerazione urbana sostenibile e la riqualificazione edilizia ed ambientale degli edifici;

g) ripristinare il prevalente uso agrario degli ambiti a frammentazione territoriale, prevedendo il recupero dei manufatti storici e del paesaggio naturale agrario, il collegamento con i corridoi ecologici ed ambientali, la valorizzazione dei manufatti isolati, la rimozione dei manufatti abbandonati;

h) valorizzare le ville venete e il loro contesto paesaggistico, come elemento culturale identitario del territorio veneto;

i) rivitalizzare la città pubblica e promuovere la sua attrattività, fruibilità, qualità ambientale ed architettonica, sicurezza e rispondenza ai valori identitari e sociali della comunità locale, con particolare attenzione alle specifiche esigenze dei bambini, degli anziani e dei giovani, nonché alla accessibilità da parte dei soggetti con disabilità;

l) assicurare la trasparenza amministrativa e la partecipazione informata dei cittadini alle scelte strategiche di trasformazione urbanistico-edilizia, di riqualificazione e rigenerazione urbana e territoriale, anche promuovendo la partecipazione dei diversi soggetti portatori di interessi nei procedimenti di pianificazione;

m) attivare forme di collaborazione pubblico-privato che contribuiscano alla riqualificazione del territorio e della città, su basi di equilibrio economico-finanziario e di programmazione temporale dei procedimenti e delle iniziative in un contesto di prevedibilità, certezza e stabilità della regolazione.

Sommario: 1. La struttura della norma di cui all’art. 3 in riferimento ai principi dell’art. 1 della legge2. Il ruolo della Regione e la necessità dell’armonizzazione delle politiche territoriali nella prospettiva del contenimento del consumo di suolo3. Il ruolo privilegiato delle attività non comportanti consumo di suolo. Il riuso del territorio in applicazione dei principi della “economia circolare”4. Gli obiettivi delle politiche territoriali e il ruolo degli strumenti di pianificazione.

1. La struttura della norma di cui all’art. 3 in riferimento ai principi dell’art. 1 della legge.

La norma di cui all’art. 3 della legge esplicitamente rinvia, già nell’incipit del primo comma, all’art. 1 e ai “principi” colà enunciati quali “informatori” delle norme contenute nel capo I della legge medesima.

Occorre dunque richiamare, per commentare la norma in esame, quanto si è detto trattando dell’art. 1 e in particolare del secondo comma dello stesso, laddove si era evidenziata la complessità della formulazione[1] dei “principi” e, soprattutto, la valenza degli stessi in chiave – per così dire – “sovra-urbanistica”, essendo evidente che con la centralizzazione della categoria del “suolo” e della sua “conservazione”, la tradizionale concezione del “governo del territorio” è destinata ad esser messa profondamente in discussione assieme ai suoi strumenti (in primis proprio la pianificazione comunale); soprattutto, però, sono destinati ad essere ridefiniti gli stessi livelli decisionali e le competenze programmatorie e pianificatorie.

È infatti conseguente che l’intersettorialità delle funzioni e delle competenze (soprattutto di natura ambientale) che saranno coinvolte dalle politiche di contenimento del consumo di suolo, politiche che a questo devono riconoscersi quali obbligatorie, comporterà la necessità di un’integrazione delle competenze all’interno di procedimenti intesi ad una superiore sintesi. Integrazione di funzioni e di competenze, sia verticale che orizzontale, che impone di pensare e interpretare il territorio secondo piani e programmi di area vasta piuttosto che sulla base degli ordinari schemi urbanistici, per lo più di ambito comunale. Ciò, soprattutto per evitare il pericolo di contrasti e contraddizioni tra i diversi interessi e funzioni, e per contenere e armonizzare la “naturale” spinta espansiva della trasformazione territoriale con quella conservativa della difesa e della riconquista del suolo permeabile.

Risulta chiaro, in questa prospettiva, che l’attore fondamentale chiamato a interpretare – a livello locale e in attesa della legge nazionale – quella che si annuncia come una svolta storica nella gestione del territorio, sia proprio la Regione alla quale l’art. 3, non a caso, dedica il primo comma, di cui si tratterà immediatamente. Non senza peraltro aver ricordato – sempre nella prospettiva dei principi informatori della legge – che la struttura della medesima norma si articola in altri due commi: il secondo rivolto alla pianificazione urbanistica nelle aree di urbanizzazione consolidata, e il terzo dedicato agli “obiettivi” della programmazione e della pianificazione territoriale.

L’articolazione della norma conferma, dunque, la fondamentale preoccupazione della legge di evitare che si verifichino divaricazioni e contrapposizioni nella gestione del c.d. territorio (tale intendendosi, a questo punto, anche il “suolo” in tutti i suoi aspetti sopra declinati): per tal ragione, una volta affermato – come si è detto – il ruolo fondamentale della Regione, la norma sposta l’attenzione proprio sulla “pianificazione territoriale e urbanistica” (secondo comma) nonché sulle “politiche territoriali” e sugli “strumenti di pianificazione” (terzo comma) individuando immediatamente delle priorità e degli obiettivi di rango superiore cui evidentemente (e obbligatoriamente) dovranno conformarsi le scelte di chi avrà la responsabilità della gestione strategica del territorio.

Pare conseguente a quanto detto che le attività di programmazione e di pianificazione territoriale e urbanistica dovranno sin d’ora conformarsi alle linee stabilite dalla norma in commento, indipendentemente dall’attuazione da parte della Regione di quanto stabilito al primo comma.2

2. Il ruolo della Regione e la necessità dell’armonizzazione delle politiche territoriali nella prospettiva del contenimento del consumo di suolo.

Nella consapevolezza della necessità di integrare plurime funzioni e competenze e, con esse, plurimi livelli amministrativi, il primo comma dell’art. 3 ha inteso assegnare alla Regione un ruolo fondamentale di coordinamento e di governo dei processi decisionali in vista del perseguimento e dell’attuazione delle finalità esplicitate anche nei successivi commi.

A questo fine, l’articolo in commento definisce tre sostanziali linee di azione da parte della Regione:

1) attività di promozione e di coordinamento: la Regione deve favorire la collaborazione tra autonomie locali e tra enti (in primis i Comuni, le Province, le Città Metropolitane) titolari di competenze in materia di contenimento del consumo di suolo e, in particolare, tra quegli enti che si occupano della pianificazione. La collaborazione esplicitamente richiesta dalla norma dovrà svilupparsi, evidentemente, con una integrazione sia verticale (enti territoriali anche di area vasta) che, pure, orizzontale poiché gli interessi e le funzioni coinvolte nell’attuazione dei principi di cui all’art. 1 riguardano necessariamente – lo si è detto – più livelli decisionali, con competenze specifiche anche in ambiti diversi da quelli della pianificazione strettamente intesa, che coinvolgono comunque il tema del “suolo” e del contenimento del suo consumo (ad es. ARPAV, Asl, etc.);

2) adozione di specifici atti normativi e regolamentari volti sempre ad armonizzare e indirizzare gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica nel senso di limitare e controllare il consumo di suolo, riqualificare gli ambiti già urbanizzati e tutelare il territorio aperto, non urbanizzato. In questa attività si inseriscono in particolare tutte quelle misure di programmazione e di controllo, di stretta competenza della Giunta regionale, previste dall’art. 4 della legge;

3) azione di monitoraggio: disciplinando la raccolta, l’elaborazione, l’aggiornamento dei dati ritenuti utili per il buon governo del territorio anche in collaborazione con ARPAV e ISPRA.

Quest’ultima attività costituisce un’implementazione del principio già presente nella legge urbanistica regionale, della necessità di un sistema integrato delle informazioni e dei dati presenti negli strumenti di pianificazione, relativi agli aspetti fisici e socioeconomici del territorio, che costituisce il c.d. “Quadro conoscitivo degli strumenti di pianificazione” previsto dall’art. 10 della l.r. n. 11/2004.

3. Il ruolo privilegiato delle attività non comportanti consumo di suolo. Il riuso del territorio in applicazione dei principi della “economia circolare”.

Il secondo comma dell’art. 3 della nuova legge regionale, molto opportunamente, afferma il ruolo privilegiato degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia all’interno degli ambiti di urbanizzazione consolidata non comportanti consumo di suolo: si tratta più precisamente di quegli interventi che tradizionalmente rientravano nella nozione di “recupero del patrimonio edilizio esistente” ma che la nuova legge comprende nella definizione di “trasformazione urbanistico-edilizia” caratterizzata dagli ambiti in cui si svolge, che non devono comportare consumo di suolo. L’individuazione di questi ambiti come quelli di “urbanizzazione consolidata” (riprendendo con ciò la nozione di cui alla lettera o) dell’art. 13 della l.r. n. 11/2004) vale a definire anche il perimetro di applicazione del secondo comma dell’art. 3 in commento, che così fa coincidere lo stesso ambito normativo con il perimetro che la legge urbanistica considera quale già trasformato[2].

Si tratta del perimetro di applicazione del c.d. “riuso del territorio”, finalità ritenuta particolarmente importante anche dalla nuova legge che vi dedica particolare spazio e attenzione nelle successive norme, trattandosi di una questione di rilievo non meramente territoriale ma anche economico e sociale individuata da tempo nelle stesse politiche dell’Unione Europea in tema di risparmio del suolo e anche di economia circolare.

Secondo la Commissione Europea[3] infatti occorre modificare lo sviluppo dell’economia quale avvenuto all’insegna del “prendi, produci, usa e getta” come se la crescita possa esser fondata su risorse sempre abbondanti e disponibili, altresì smaltibili senza costi. Nella strategia europea la base di un’economia virtuosa sta nel concetto di economia circolare, ove i prodotti e le risorse restano nel sistema economico, in guisa da poter essere riutilizzate più volte a fini produttivi creando nuovo valore: è dunque coerente, anche con tale impostazione, concepire il risparmio di suolo e insieme il riuso del territorio come applicazioni virtuose dei principi della “economica circolare”.

La nozione di contenimento del consumo di suolo si collega dunque, immediatamente e in modo coerente, con la nozione di riuso e di recupero del patrimonio edilizio inutilizzato, coniugando la preservazione dello spazio naturale con la qualità dello spazio urbano: efficienti politiche intese a salvaguardare i “suoli” non possono prescindere dalla parallela riqualificazione e rigenerazione non solo urbanistica ed edilizia ma, anche, economica e sociale delle aree già urbanizzate. In questa prospettiva il secondo comma dell’articolo in commento assegna dunque un ruolo privilegiato a tutte quelle attività che si svolgono all’interno degli “ambiti di urbanizzazione consolidata” non comportanti consumo di suolo.

Si tratta, anche in questo caso, di un’affermazione di principio sulla priorità delle politiche di recupero del territorio già consumato, rispetto alla trasformazione di ulteriore suolo naturale. Peraltro anche in questo caso la norma di principio, pur rivolta alla strumentazione territoriale urbanistica, deve comunque intendersi come immediatamente precettiva nei confronti delle corrispondenti attività di pianificazione, nelle quali in questo caso è il Comune che assume un ruolo centrale, trattandosi di amministrare il patrimonio edilizio inutilizzato: funzione di governo, questa, eminentemente di competenza comunale. È infatti il Comune che può consentire il riuso, attraverso il regolamento edilizio, i piani attuativi e di recupero (PUA), i c.d. “strumenti complessi” e il rilascio dei titoli edilizi (tra i quali il permesso di costruire in deroga di cui all’art. 14 del DPR 380/2001) all’interno degli spazi e delle superfici già compromesse. La centralità dell’amministrazione comunale in questo ambito emergerà ulteriormente e ancor più chiaramente nei commenti alle successive disposizioni della legge e, in particolare, degli articoli da 5 a 9 alla cui lettura si rinvia, che specificamente riguardano la riqualificazione edilizia e urbana, la rigenerazione e la qualità architettonica ambientale e, in genere, proprio il riuso del territorio urbano.

4. Gli obiettivi delle politiche territoriali e il ruolo degli strumenti di pianificazione.

Il terzo comma dell’art. 3 della nuova legge, dopo che il secondo ha come sopra stabilito la priorità privilegiata del riuso del territorio già urbanizzato rispetto alle trasformazioni comportanti consumo di nuovo suolo, si occupa delle c.d. “politiche territoriali” volte essenzialmente a disciplinare quelle parti di territorio non ancora trasformare e il rapporto delle stesse con gli ambiti di urbanizzazione invece consolidata. Non a caso questo tema, riferito appunto alle “politiche territoriali” degli strumenti di pianificazione, è contemplato dalla norma successivamente al prioritario obiettivo, definito appunto privilegiato, del recupero e del riuso degli spazi urbanizzati.

Il comma in commento, trattando delle “politiche territoriali” non individua peraltro specifici strumenti per le stesse (che dunque potranno tradursi anche in strumenti atipici), ma si riferisce comunque alla “pianificazione” che, allo stato della legislazione regionale, si compendia negli strumenti di governo del territorio previsti dalla l.r. n. 11/2004 secondo i vari livelli amministrativi: a scala comunale i Piani di Assetto Territoriale (PAT) e anche intercomunale (PATI), il Piano degli Interventi (PI) nonché i Piani Urbanistici Attuativi (PUA); a scala superiore, invece, il piano provinciale (PTCP) e ancor sopra quello regionale (PTRC).

È evidente, da quanto già detto in precedenza, che le politiche territoriali orientate al contenimento del consumo di suolo troveranno le loro fondamentali scelte e decisioni all’interno degli strumenti di area vasta: vale a dire il piano provinciale se non, addirittura, quello regionale.

In effetti la norma prevede che gli obiettivi legati al contenimento del consumo del suolo andranno definiti all’interno della pianificazione, costituendo dunque questi l’elemento fondamentale e centrale della stessa.

La pianificazione diventa quindi principalmente lo strumento attuativo delle politiche territoriali volte al contenimento e al risparmio del suolo, come stabilito dal punto a) del terzo comma, ossia l’azzeramento del consumo entro il 2050, in linea con le politiche europee.

Seguono poi, nell’elencazione degli obiettivi, altre finalità che costituiscono una migliore specificazione e un’indicazione di maggiore dettaglio di quanto già peraltro previsto dalla legge urbanistica regionale per la corretta elaborazione dei piani e in particolare dall’art. 13 della l.r. n. 11/2004 che in effetti già prevede che il piano di assetto comunale sia redatto fissando “gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili”.

È meritevole di menzione, a questo proposito, il fatto che molteplici contenuti già propri del piano comunale fissati dalla legge urbanistica regionale, si ritrovino anche nell’art. 3 della legge sul consumo di suolo, dove peraltro è maggiore l’attenzione a indirizzare le strategie di pianificazione verso le specifiche azioni definite dal legislatore per la riduzione della trasformazione delle aree naturali. Si tratta di un taglio operativo che conferma l’importanza dei contenuti già presenti nella legge urbanistica, arricchendoli con nuovi obiettivi ma soprattutto affermando il “suolo” – nella sua configurazione di “risorsa limitata e non rinnovabile” definita dall’art. 1 “bene comune” – quale elemento centrale e fondamentale delle azioni di governo del territorio già in sede di pianificazione.

In questa prospettiva, per quanto riguarda gli aspetti ambientali, l’obiettivo dei piani fissato direttamente dalla nuova legge sarà quello di ripristinare la naturalità delle aree in ambiti urbani e periurbani anche se frazionate e frammentate e incentivare il loro uso agricolo, attraverso una serie di specifiche azioni (peraltro dettagliate in ordine sparso e non conseguenziale).

Ulteriori obiettivi puntuali e specifici per i piani urbanisti, sono l’agricoltura e le politiche agricole sostenibili, nei cui confronti la pianificazione territoriale dovrà prevedere azioni volte, come indicato nella lettera g), a “ripristinare il prevalente uso agricolo degli ambiti a frammentazione territoriale, prevedendo il recupero dei manufatti storici e del paesaggio naturale agrario, il collegamento con i corridoi ecologici ed ambientali, la valorizzazione dei manufatti isolati, la rimozione dei manufatti abbandonati”.

È interessante a questo punto confrontare gli obiettivi della nuova legge per i territori con particolari dissesti idraulici e idrogeologici con il contenuto del punto b) del citato art. 13 della l.r. n. 11/2004. In effetti la legge regionale n. 14/2017 risulta estremamente dettagliata nel definire gli obiettivi delle politiche per i territori con fragilità, attenzione già evidenziata nella legge regionale sul piano casa, il cui art. 3 quater (introdotto dalla l.r. n. 32 del 29/11/2013) prevede la possibilità dell’integrale demolizione e della successiva ricostruzione, anche con incremento volumetrico, dei fabbricati ricadenti in aree ad alta pericolosità idraulica ed idrogeologica.

Rispetto alle possibilità di intervento previste dal piano casa, per ora “a scadenza” alla fine del 2018, l’obiettivo previsto dalla lettera d) del terzo comma in commento risulta più ampio e rivolto ai territori con problematiche di pericolosità anche diverse da quelle evidenziate nel Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) previsto dal d.lgs. n. 152/2006. Gli approfondimenti idrogeologici e geologici in sede di elaborazione dei piani possono, infatti, riscontrare come “pericolose” anche aree diverse da quelle previste dal PAI o sovrapponibili alle stesse, che necessitano di specifiche azioni di intervento per garantire comunque la stabilità dei terreni e la sicurezza degli abitati. La centralità del “suolo” e in particolare la riduzione del suo consumo oltre che la sua tutela sono, anche in questo caso, contemplati dalla legge come prioritari e agli stessi si legano tutta una serie di azioni e strategie pianificatorie al centro delle politiche urbanistiche.

Si passa così da una logica di “messa in sicurezza” a seguito di eventi calamitosi (vedasi la legge “Sarno” di cui al D.L. 11 giugno 1998, n. 180) ad una vera e propria azione di prevenzione, dove la salvaguardia e la messa in sicurezza delle aree diviene strategia specifica e prioritaria dei piani, da sviluppare anche attraverso la previsione della demolizione dei manufatti e il ripristino delle aree a superficie naturale, con il possibile recupero/riutilizzo delle volumetrie in altre aree, secondo normative delegate al Piano degli interventi (PI).

La modifica della prospettiva nelle politiche di pianificazione risulta dunque evidente e particolarmente importante proprio per il territorio del Veneto, dove sono presenti innumerevoli situazioni di dissesto e di fragilità, sia nelle aree montane che in quelle pianeggianti.

L’elencazione degli obiettivi della pianificazione, di cui al terzo comma della norma in commento, contiene ulteriori aspetti di estremo interesse, completamente nuovi e innovativi per l’urbanistica veneta: trattasi della c.d. “città pubblica” (lettera i) e soprattutto del tema, ripetuto in altre parti della legge e già presente nel secondo comma, delle aree urbanizzate (lettera f) per le quali si ribadisce l’obiettivo di “incentivare il recupero, il riuso, la riqualificazione e la valorizzazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, favorendo usi appropriati e flessibili degli edifici e degli spazi pubblici e privati, nonché promuovendo la qualità urbana ed architettonica ed, in particolare, la rigenerazione urbana sostenibile e la riqualificazione edilizia ed ambientale degli edifici”.

Gli ultimi due obiettivi rivolti alle politiche territoriali (lettere l ed m) rimarcano procedure di coinvolgimento dei cittadini rispetto alle scelte di panificazione, con individuazione di tempi certi nella programmazione: finalità, queste, già peraltro presenti nella legge urbanistica regionale con la procedura di valutazione ambientale strategica dei piani (VAS) prevista dall’art. 4 della l.r. n. 11/2004, in conformità con la normativa nazionale (d.lgs. n. 152/2006) che ha recepito le direttive europee (direttiva 2001/42/CE) e con i principi generali dell’attività amministrativa, basati sui criteri di economicità, trasparenza, efficacia e imparzialità previsti dalla L. 241/90 “Norme sul procedimento amministrativo”.

Pare peraltro opportuno, per meglio intendere la portata degli obiettivi esplicitati dal terzo comma con riferimento agli strumenti di pianificazione, comparare quanto previsto dalla legge sul contenimento del consumo di suolo con l’art. 13 della legge urbanistica regionale, che attiene specificatamente alla pianificazione territoriale comunale e intercomunale.

Si riporta, per questo, la seguente tavola di confronto che si ritiene poter risultare utile anche a chi quotidianamente opera nella formazione e approvazione degli strumenti di pianificazione.

 

Art. 3 comma 3 – l.r. n. 14/2017

Obiettivi delle politiche territoriali e degli strumenti di pianificazione

Art. 13 comma 1 – l.r. n. 11/2004

Obiettivi e contenuti del Piano di Assetto del Territorio

f) incentivare il recupero, il riuso, la riqualificazione e la valorizzazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata, favorendo usi appropriati e flessibili degli edifici e degli spazi pubblici e privati, nonché promuovendo la qualità urbana ed architettonica ed, in particolare, la rigenerazione urbana sostenibile e la riqualificazione edilizia ed ambientale degli edifici; o) individua[re] le aree di urbanizzazione consolidata in cui sono sempre possibili interventi di nuova costruzione o di ampliamento di edifici esistenti attuabili nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 3, lettera c);

c) individua[re] gli ambiti territoriali cui attribuire i corrispondenti obiettivi di tutela, riqualificazione e valorizzazione, nonché le aree idonee per interventi diretti al miglioramento della qualità urbana e territoriale;

b) individuare le funzioni ecosistemiche dei suoli e le parti di territorio dove orientare azioni per il ripristino della naturalità, anche in ambito urbano e periurbano;

 

d) recepi[re] i siti interessati da habitat naturali di interesse comunitario e definisce le misure idonee ad evitare o ridurre gli effetti negativi sugli habitat e sulle specie floristiche e faunistiche;
c) promuovere e favorire l’utilizzo di pratiche agricole sostenibili, recuperando e valorizzando il territorio agricolo, anche in ambito urbano e periurbano;

g) ripristinare il prevalente uso agrario degli ambiti a frammentazione territoriale, prevedendo il recupero dei manufatti storici e del paesaggio naturale agrario, il collegamento con i corridoi ecologici ed ambientali, la valorizzazione dei manufatti isolati, la rimozione dei manufatti abbandonati;

h) detta[re] una specifica disciplina con riferimento ai centri storici, alle zone di tutela e alle fasce di rispetto e alle zone agricole in conformità a quanto previsto dagli articoli 40, 41 e 43;

 

d) individua[re] le parti del territorio a pericolosità geologica, incentivandone la messa in sicurezza secondo il principio della invarianza idraulica e valutandone, ove necessario, il potenziamento idraulico e favorendo la demolizione dei manufatti che vi insistono, con restituzione del sedime e delle pertinenze a superficie naturale e ove possibile, agli usi agricoli e forestali; nonché disciplinando l’eventuale riutilizzo, totale o parziale, della volumetria o della superficie, dei manufatti demoliti negli ambiti di urbanizzazione consolidata o in aree allo scopo individuate nel Piano degli interventi (PI) mediante riconoscimento di crediti edilizi o altre misure agevolative; b) disciplina[re], attribuendo una specifica normativa di tutela, le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore;

 

 

 

e) valutare gli effetti degli interventi di trasformazione urbanistico-edilizia sulla salubrità dell’ambiente, con particolare riferimento alla qualità dell’aria, e sul paesaggio, inteso anche quale elemento identitario delle comunità locali;

Art. 4, co. 2 procedura di VAS

 

La VAS evidenzia la congruità delle scelte degli strumenti di pianificazione di cui al comma 2 rispetto agli obiettivi di sostenibilità degli stessi, alle possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione individuando, altresì, le alternative assunte nella elaborazione del piano, gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione e/o di compensazione da inserire nel piano.

 

[1] Vale la pena di ricordare l’elencazione dei “principi informatori” di cui al secondo comma dell’art. 1: “programmazione dell’uso del suolo e la riduzione progressiva e controllata della sua copertura artificiale”; “tutela del paesaggio, delle reti ecologiche, delle superfici agricole forestali”; “promozione della biodiversità coltivata”; “rinaturalizzazione di suolo impropriamente occupato”; “riqualificazione e rigenerazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata”. Infine l’affermazione che “l’utilizzo di nuove risorse territoriali” può avvenire “esclusivamente quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente, in coerenza con quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lettera d) della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11”.

[2] Si rinvia, per le conseguenze che ciò determina in ordine al rapporto tra il “suolo” il cui consumo è da contenere e le aree trasformate (soggette per questo al riuso) alla sentenza 2921 del 28 giugno 2016 del Consiglio di Stato citata nel commento all’art. 1.

[3] Crf. Commissione Europea, Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti, del 2 luglio 2014.

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